Allarme Oms su carni rosse, il mondo scientifico si divide

29 ottobre 2015
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Allarme Oms su carni rosse, il mondo scientifico si divide



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La comunicazione effettuata un paio di giorni fa dall'Oms sul forte rischio di cancro derivante dal consumo dicarni lavorate (insaccati) e rosse ha, come prevedibile, scatenato molto scalpore e fatto nascere nella popolazione dubbi e perplessità. Lo stesso mondo scientifico, peraltro, si è diviso sul tema, come confermano le dichiarazioni rilasciate al sito DoctorNews da Carmine Pinto, presidente di Aiom, Franco Berrino, dell'Istituto nazionale tumori e da Maurizio Tomirotti presidente di Cipomo. «Il rapporto Iarc non dice nulla di nuovo rispetto alle conoscenze note e condivise sulla carne» esordisce Tomirotti aggiungendo come l'ultimo congresso nazionale Cipomo abbia dedicato una sessione all'alimentazione nella quale già si mettevano in evidenza questi aspetti. «Il problema carne non va isolato dal contesto e dallo stile di vita» aggiunge Tomirotti. «È vero che si tende a mangiarne troppa carne lavorata e tutti gli alimenti conservati hanno un rischio, ma nella valutazione complessiva non si può prescindere dallo stile di vita (eventuale sovrappeso, attività fisica, fumo) ». Il presidente Cipomo si sofferma anche sul rischio percentuale che è stato divulgato per ridimensionarlo. «Quando parliamo di aumento del rischio del 18% su un rischio del 5% per la popolazione generale significa che l'aumento effettivo è del 5%, quindi una percentuale non così rilevante». E sulla «significatività statistica» si è soffermato anche Umberto Veronesi, direttore scientifico dello Ieo, sottolineando come «fino ad ora potevamo arrivare alle stesse conclusioni solo sulla base di osservazioni più limitate, per quanto importanti, mentre ora questo corpus di dati ci offre fondamenta scientificamente molto robuste a sostegno di questa tesi». In pratica, secondo Veronesi «l'affermazione "la carne lavorata può provocare tumori al colon" ha una probabilità del 95% di essere vera».

Più scettico Carmine Pinto, presidente Aiom, per il quale il rapporto Iarc offre «una non fotografia della situazione attuale». «Ciò che è emerso dall'Agenzia Iarc e che è stato pubblicato su "Lancet Oncology" costituisce un importante documento scientifico» premette il presidente Aiom. «Il punto» precisa «è che tale documento non si basa su uno studio ma è costituito da una raccolta di dati pubblicati molti anni fa, risalenti anche agli anni '60 e relativi a situazioni molto diverse, in cui sono coinvolti anche molti fattori confondenti (per esempio le popolazioni esaminate non mangiano solo carne rossa o insaccati) . Per cui» osserva Pinto «ne viene fuori non una fotografia della situazione attuale ma di una situazione pregressa, legata soprattutto all'uso di concentrazioni diverse di vari additivi e di sistemi di conservazione degli alimenti piuttosto differenti da quelli che sono impiegati adesso». Questo è solo il primo rilievo avanzato da Pinto. Il secondo è forse ancora più decisivo. «I tumori che dovrebbero aumentare secondo il rapporto sono quelli dello stomaco e del colon retto» ricorda. «C'è da dire che il tumore dello stomaco ha ridotto l'impatto sulla vita di 20 anni e l'incidenza del tumore del colon retto, dopo un aumento legato agli screening, si sta riducendo: quindi non c'è questo aumento di tumori del colon retto e dello stomaco che dovrebbero essere introdotti dal consumo delle carni. Resta in effetti la problematica legata alla cottura degli alimenti e in particolare al benzopirene e agli idrossicarburi policiclici che vengono prodotti dalla combustione. Riguardo al dato delle carni rosse, lo Iarc lo qualifica come categoria 2A: non è un dato certo, dunque, ma probabile. Ciò che soprattutto viene specificato alla fine è che dobbiamo limitare l'uso della carne. Per cui resta valido il consiglio di una dieta mediterranea equilibrata, basata su una cultura dell'alimentazione caratterizzata da un consumo di carni e insaccati un paio di volte alla settimana con aggiunta di verdura, frutta, fibre, olio d'oliva».

Di tutt'altro avviso Franco Berrino, dell'Istituto nazionale tumori per il quale il rapporto Iarc «fornisce evidenze scientifiche e aggiunge autorevolezza a ciò che già si sapeva. Era già noto» continua «che i salumi sono causa di cancro, semplicemente l'Agenzia internazionale della ricerca sul cancro (Iarc) ha deciso di fare una monografia come quelle che periodicamente emette sulle diverse sostanze: in realtà sono sempre molto prudenti e lo sono stati anche in questo caso». L'Agenzia si è attenuta a una stima media del 18% di aumento del rischio per 50 grammi giornalieri di carne lavorata; «per la carne rossa non trasformata - fa notare Berrino - per avere lo stesso rischio le dosi sono superiori, ma in genere si mangiano i salumi in quantità inferiore e l'ordine di grandezza del rischio per porzione è molto simile». Berrino indica anche alcuni meccanismi cancerogeni della carne rossa: «Il principale è il suo essere ricca di ferro in una forma particolarmente ossidante, che favorisce la produzione di sostanze cancerogene nell'intestino. Quindi, se proprio uno non vuole abolire la carne rossa, è bene che ne mangi poca e che nello stesso piatto metta tante verdure che contengono antiossidanti».

Marco Malagutti



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