Sesso forte davvero forte?

19 marzo 2004
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Sesso forte davvero forte?



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Sesso forte per modo di dire. La popolazione maschile, dati alla mano, sembra tutt'altro che in posizione di primato. Per tutte le 15 principali cause di morte censite dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, sono gli uomini a essere i più colpiti e, in sostanza, la sopravvivenza è decisamente a favore delle donne: ci sono infatti circa sette anni di differenza. Non è sempre stato così, perché ancora una trentina di anni fa la differenza si limitava a due o tre anni a seconda delle statistiche. Se si tiene presente che dal punto di vista delle barriere sociali ed economiche, l'uomo era meno svantaggiato da sempre nell'accesso alle cure viene da pensare che effettivamente ci possa essere anche un dato biologico di fondo. Non a caso alcuni epidemiologi ritengono che, se la differenza tra i sessi in fatto di possibilità di guadagnare e curarsi adeguatamente continuerà a ridursi, il vantaggio femminile aumenterà ancora.

Più deboli anche prima di nascere


In effetti sul piano biologico qualche differenza c'è, già prima della nascita. Per cominciare, è vero che al momento del concepimento si ha un maggior numero di embrioni di sesso maschile, probabilmente perché gli spermatozoi che trasportano il cromosoma Y (maschile) nuotano più velocemente di quelli che trasportano il cromosoma X. Tuttavia il vantaggio è di breve durata tanto è vero che se la madre subisce qualche stress (si tratta di una malattia, un trauma o altro) sono proprio gli embrioni maschili a soffrirne di più; di conseguenza, malgrado il surplus di embrioni, il rapporto tra i nati dei due sessi è molto più basso di quello che dovrebbe essere teoricamente. Oltre alla perdita del concepito nelle prime fasi di sviluppo, il nascituro maschio è più esposto praticamente a tutti gli incidenti intrauterini: deformità dei genitali e degli arti, danni cerebrali, nascite premature e nati morti vedono un primato maschile. Inoltre, anche lo sviluppo complessivo alla nascita, paragonando maschi e femmine è come se queste ultime avessero all'attivo 4-6 settimane di crescita in più. La maggiore fragilità si mantiene anche nelle fasi successiva: più o meno tutti i principali disturbi evolutivi in cui ci sia una base genetica (dal deficit di attenzione all'autismo) vedono svantaggiati i ragazzini rispetto alle coetanee.

La cultura fa la sua parte


Insomma c'è una base biologica, anche se non definita in tutti i dettagli, sulla quale si innestano fattori sociali, questi sì più dettagliati. Innanzitutto c'è l'aspetto culturale: i maschi devono mostrare una maggiore resilienza, che tradotto significa essere più duri. Questo ha due conseguenze principali: per essere uomini a) si devono prendere maggiori rischi; b) non ci si deve lamentare, tanto che la condizione di alessitimia (cioè la mancanza di un vocabolario adatto a esprimere l'emotività) è prerogativa soprattutto dei ragazzini. Se da piccoli questo significa andare in bicicletta senza mani ed evitare di esprimere la propria emotività, già nell'adolescenza ha conseguenze direttamente nocive per la salute: uso di alcol e droghe e, in generale, comportamenti pericolosi e autodistruttivi vedono una prevalenza maschile. Anche senza giungere a posizioni estreme è comunque più diffuso il consumo di tabacco e alcol tra gli uomini, così come la tendenza a praticare sesso senza protezioni, costume al quale ormai gli epidemiologi attribuiscono buona parte della diffusione incontrollata dell'AIDS nel continente africano. Accanto a questo danno diretto ve n'è uno indiretto ma non meno grave. La popolazione maschile è meno propensa a ricorrere al medico quando ce n'è bisogno, ancora meno quando si tratta di prevenzione. E' statisticamente provato quanto sia più difficile organizzare un programma di screening del carcinoma della prostata che non uno del carcinoma al seno. Eppure, anche al di là dei problemi correlati all'apparato sessuale, c'è almeno un settore in cui è manifesta la maggiore vulnerabilità maschile: le malattie cardiovascolari in giovane età, al quale non corrisponde un'adeguata attenzione degli interessati. Anche qui, però, se può sembrare tutto un effetto culturale, c'è in ballo un fattore genetico: dal punto di vista delle abilità mentali, l'uomo presenta una certa superiorità nella valutazione visiva spaziale e nel coordinamento, che sono importantissime nella lotta. La selezione, dalla nascita della specie privilegiava questi caratteri. Oggi, per come è costruito l'ambiente, sono altre le caratteristiche premianti, quelle femminili. Non si tratta, è ovvio, di penalizzare nessuno ma di agire tenendone conto, anche sul piano della tutela della salute. L'ultima proposta, infatti, è di preparare i medici anche a considerare le peculiarità maschili.

Maurizio Imperiali



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