Colesterolo ancora sottovalutato

25 gennaio 2006
Aggiornamenti e focus

Colesterolo ancora sottovalutato



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La società scientifica è nuova, il tema no, e non per caso. L’ipercolesterolemia, infatti, è apparentemente un pericolo arcinoto e del quale si parla anche troppo. Così però non è, almeno a giudicare dai risultati di un sondaggio a campione, commissionato dalla SITeCS, ovvero Società Italiana di Terapia Clinica e Sperimentale, giunta nel gennaio 2006 al suo primo congresso nazionale.
Infatti, solo il 37% della popolazione italiana sa che cos’è il colesterolo, e soltanto il 29% sa che chi ha avuto incidenti cardiovascolari è bene che abbia livelli inferiori a quelli che si giudicano normali in una persona che abbia cuore e arterie a posto. Ci sono poi anche risposte molto diffuse quanto errate, per esempio che il colesterolo sia legato all’obesità, o al diabete. In questo senso, però, è anche lecito osservare che almeno è chiaro che obesità, ipercolesterolemia e diabete sono tutte situazioni pericolose e da evitare.
Quello che si propone la SITeCS è adattare i messaggi di prevenzione, e i dati clinici, alla realtà italiana, visto che fino a non molto tempo fa tutto quanto si divulgava era di origine nordamericana. Per esempio, come ha ricordato il farmacologo Alberico Catapano, non è chiaro a tutti che vale sempre la pena di ridurre la colesterolemia, perché i vantaggi che se ne traggono sono diretti. “In altre parole” ha detto Catapano “indipendentemente dal valore di partenza, una riduzione del 10% dei valori di colesterolo garantisce una riduzione del rischio cardiovascolare esattamente del 10%, una riduzione del 30% comporta un 30% in meno di possibilità di infarto e così via”. Insomma, suona il messaggio della SITeCS, non è il caso di perdere tempo pensando che, comunque, si è fuori norma ma solo un po’. A prendere provvedimenti c’è sempre da guadagnare. E’ chiaro, peraltro, che a seconda della situazione si attueranno misure diverse: lievi scostamenti possono essere trattati con la dieta e l’attività fisica, mentre per anomalie più marcate diviene inevitabile il ricorso al farmaco.

Un "primato" femminile


Tra l’altro, come spiega Massimo Chiariello, ordinario di Cardiologia dell’Università federico II di Napoli, non è nemmeno passato il messaggio che sono le donne a doversi preoccupare più di quanto facciano. “I dati in nostro possesso, e mi riferisco al “Progetto Cuore” dell’Istituto Superiore di Sanità e non solo, ma soprattutto la nostra esperienza a contatto con la popolazione, ci avevano portato alla conclusione che gli italiani hanno superato i livelli di guardia per quanto riguarda i livelli dei lipidi ematici del colesterolo. Basti dire che su cento uomini ben 57 “viaggiano” oltre 200 mg/dL, cioè ad un livello che già merita attenzione. Sono 58 le donne, sempre su cento, che si trovano nell’identica situazione. Sono cifre preoccupanti. E la preoccupazione cresce se si tiene conto che dei 57 uomini ben 21 sono oltre la soglia di rischio dei 240 e in questa situazione si trovano anche 25 donne delle 58” ha spiegato il cardiologo. E’ vero dunque che la donna gode di una certa protezione durante l’età fertile, ma questa viene meno con la menopausa e, visto l’invecchiamento della popolazione, questo fattore non può essere dimenticato.

Novità in terapia


Il congresso della società è stata anche l’occasione per parlare delle novità in campo farmacologico, a cominciare dall’approvazione anche in Italia di una sostanza diversa dalle ormai note statine, l’ezetimibe, che contribuisce a ridurre la colesterolemia attraverso un meccanismo differente. Infatti, mentre le statine inibiscono la sintesi epatica del colesterolo nel fegato, agendo su un enzima chiave, la nuova molecola provvede a impedirne l’assorbimento nell’intestino. Un meccanismo nuovo, dunque, che permette di associare questo farmaco alle statine, così da sommare, o quasi, le due azioni.

Gianluca Casponi



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