Gravidanza

08 marzo 2002
Aggiornamenti e focus

Gravidanza



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Il compimento dei 35 anni resta ancora una data critica per chi desidera il primo figlio. Le abitudini sociali sono cambiate: le donne studiano più a lungo, entrano nel mondo del lavoro e attendono di avere una posizione sicura prima di "metter su" famiglia. L'invecchiamento biologico, però, non tiene conto di queste nuove necessità ed ecco che, superati i 35, una gravidanza comporta qualche difficoltà in più. Diminuisce la fertilità femminile: sempre più coppie, infatti, ricorrono ai centri di fecondazione assistita, inoltre aumenta considerevolmente la percentuale di bambini affetti da sindrome di Down, ma anche l'insorgere di ipertensione gravidica (pre-eclampsia), diabete gestazionale e rottura della placenta.

Questi dati non devono impressionare: si tratta di patologie ben conosciute e curabili adeguatamente, inoltre le indagini prenatali sono in grado di identificare precocemente diversi difetti genetici. Le mamme italiane lo sanno: arrivano più preparate alla gravidanza e al parto, come emerge da una recente indagine dell'Istat (4), che ha intervistato le donne che avevano partorito dal 1995 al 1999. Rispetto al 1981 l'età media delle primipare è passata da 25,2 a 28,2 anni, non è un salto enorme ma le donne, diventate mamme per la prima volta a 35 anni, erano 60.000 nel 1990 e 81.000 nel 1996. Anche oltreoceano si registra questa tendenza con un picco di nascite nelle donne tra i 25 e i 35 anni.

Le gravidanze, quindi, sono sempre più tardive ma anche più consapevoli e seguite in ambito medico. Durante l'attesa il 99% delle donne è seguita da un ginecologo, pubblico o privato, e una su 3 frequenta un corso di preparazione al parto. Tra quelle che seguono i corsi pre-parto il 45,5% risiede nel nord-ovest della penisola e il 47,2% è laureato; come dire che al migliorare delle condizioni economiche e del livello d'istruzione si accompagna una maggior preoccupazione sul decorso della gravidanza. Ansia giustificata visto che, per il 60% delle future mamme, l'attesa porta con sé vari disturbi: nausea e vomito (49,9%), patologie venose (20,9%), minacce d'aborto (16%). Nel 20,7% dei casi poi le donne sono costrette a letto per più di 7 giorni, un terzo di questi episodi riguarda le quarantenni, e nel 15,7% è addirittura necessario il ricovero. In tutto questo "travaglio" le donne sono però supportate dai partner che, infatti, nel 59,5% dei casi sono presenti anche in sala parto.
Nel caso, molto frequente in America, di adolescenti che divengono ragazze madri sono proprio l'assenza del partner, la poca istruzione e le condizioni di povertà ad incidere negativamente sulla crescita del bambino. In condizioni socio-economiche adeguate anche un'adolescente, a dispetto della giovane età, sarebbe un'ottima madre (2).

Nonostante l'assistenza in famiglia e nelle strutture sanitarie, l'Italia mantiene un primato negativo, tra i paesi europei, per il numero di parti cesarei. Nel 1996 si ricorreva al parto chirurgico nel 27,9% dei casi (solo l'11,2% nel 1980), superando di ben 13 punti il valore raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il numero dei parti cesarei cresce parallelamente al crescere dell'età della madre e questo farebbe pensare al binomio età avanzata/complicazioni in gravidanza, quindi intervento chirurgico. In realtà le cose non stanno proprio così, come dimostra il commento pubblicato dal British Medical Journal quest'estate (3). Il problema non è solo italiano: la revisione di 2 studi, effettuati in Scozia e Nuova Zelanda, conferma l'andamento in salita dei cesarei ma scopre nuove motivazioni. Si ricorre all'intervento chirurgico quando un precedente parto non è stato naturale, quando ci siano complicazioni che lo richiedono ma anche per paura e convenienza. In pratica superati i 30 anni, le donne danno per scontato di dover andare incontro a delle complicazioni durante il parto, perciò richiedono il cesareo. Oppure ritengono più rassicurante vivere il momento della nascita come un intervento: programmabile e sotto anestesia.
Istruita, con una buona posizione professionale, l'ultra-trentenne italiana quando desidera un figlio lo vuole a tutti i costi. Dal concepimento al parto, tutte le attenzioni sono volte a garantire la salute della mamma e del bambino, con una sola eccezione: il 30% delle fumatrici continua a fumare anche in gravidanza.

Elisa Lucchesini



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