Gravidanze senza fretta e senza indugi

28 aprile 2006
Aggiornamenti e focus

Gravidanze senza fretta e senza indugi



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Ormai le gravidanze si programmano, sia per ragioni economiche, sia per ragioni lavorative. Oggi, ai dati che ciascuno ha in suo possesso, si può aggiungere un altro dato di carattere medico, e si tratta dell'intervallo ottimale tra una gravidanza e la successiva. Infatti, dai dati a disposizione risulta che concepimenti troppo ravvicinati, o tropo intervallati, comportano maggiori probabilità di inconvenienti in epoca perinatale, cioè prima e immediatamente dopo il parto, a carico del nuovo nato. Gli eventi più spesso segnalati sono il parto pretermine, il basso peso alla nascita, il ridotto accrescimento rispetto all'età gestazionale e anche la morte nei primissimi tempi dopo il parto.Tuttavia gli studi condotti finora avevano alcune incoerenze e difetti metodologici di fondo. Per esempio, in alcuni studi si considera l'intervallo tra una nascita e la successiva, invece di quello tra l'ultimo parto e l'inizio della nuova gravidanza: sembra poco, ma in realtà, quando si tratta di periodi molto brevi, tende a sovrastimare il rischio. A volte, poi, non si depurava il risultato da altri fattori confondenti, per esempio le condizioni di salute della madre o quelle socioeconomiche.

Rischioso prima di 6 mesi


Radunando tutti gli studi che garantivano in partenza un certo rigore, 130 in totale, un gruppo di ricerca colombiano ne ha isolati 67 che rispondevano a tutte le caratteristiche necessarie (misurazione dell'intervallo, analisi dei fattori confondenti...). I dati riportati dagli studi sono poi stati rielaborati mettendo in relazione gli eventi avversi registrati (parto prematuro, basso peso alla nascita, accrescimento inferiore per l'età gestazionale) con l'intervallo tra il concepimento e l'ultima nascita. Gli intervalli erano suddivisi poi in: inferiori a 6 mesi, da 6 a 11, da 12 a 17, da 18 a 23, da 24 a 59, e 60 mesi e oltre. Questo, al fine di poter valutare se esiste un effetto dose-risposta tra il tempo intercorso e le conseguenze negative.Il risultato di questa analisi, pur con le difficoltà statistiche del caso, è chiaro almeno per tre di questi ultimi: parto prematuro, basso peso alla nascita, ridotto accrescimento fetale. In particolare, quando la gravidanza inizia meno di sei mesi dopo l'ultimo parto, hanno un rischio significativamente maggiore di nascita prematura (40% in più), baso peso alla nascita (60%) e ridotto accrescimento fetale (25%). Un aumento del rischio più basso (dal 5 al 15%) si ha anche quando il tempo trascorso va da 6 a 17 mesi (5-15% in più) per tutti e tre gli inconvenienti. Altrettanto negativo aspettare troppo: da 59 mesi in su l'aumento delle probabilità va dal 20 al 43%. E questo, anche escludendo dall'analisi altre possibili cause. Per inciso, anche se non c'erano dati a sufficienza per trarre una conclusione, anche gli aborti spontanei la morte perinatale tendono ad aumentare per gli intervalli più brevi. Insomma, dati alla mano, il momento migliore è quello che va da 18 a 59 mesi.

Cause probabili, non certe


Il capitolo della cause è ancora da scrivere: esistono alcune ipotesi, ma non una prova conclusiva. Per quanto riguarda gli intervalli troppo brevi (meno di 18 mesi e ancora di più meno di sei) l'ipotesi prevalente è quella della deplezione materna, cioè dell'impoverimento delle risorse della donna, dovute non soltanto alla gravidanza ma anche all'allattamento. In questo periodo la gravida spende molte delle sue risorse per lo sviluppo del feto e poi del neonato. Una circostanza particolarmente provata per quello che riguarda i folati (sostanze del gruppo delle vitamine B) che decrescono rapidamente dal quinto mese di gestazione per poi ricostituire le scorte dopo un certo lasso di tempo. La carenza di folati, in effetti è associata, oltre che ai difetti del tubo neurale, a uno sviluppo più difficoltoso del feto, al parto pretermine e ad altri inconvenienti. Per quanto riguarda le attese troppo lunghe, una delle ipotesi più accreditate è quella della regressione materna. Si trattai di un fenomeno fisiologico nel quale l'organismo materno per così dire disimpara il mestiere di mamma, perde memoria dei cambiamenti necessari alla gravidanza. L'ipotesi sarebbe confermata dal fatto che, in pratica, nelle donne che concepiscono dopo aver atteso 59 e più mesi si ha un profilo di rischio molto vicino a quello delle donne che affrontano la prima gravidanza.

Maurizio Imperiali



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