L'alcolismo inizia nel pancione

06 settembre 2006
Aggiornamenti e focus

L'alcolismo inizia nel pancione



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Nessuno ha mai dimostrato che esiste un momento ideale in cui alzare il gomito senza conseguenze. Ma molto spesso è stato documentato che esistono periodi di particolare sensibilità in cui gli effetti negativi di un consumo di alcol eccessivo possono essere clinicamente significativi. La gravidanza è uno di questi, e negli stessi nove mesi esistono fasi in cui gli effetti possono essere particolarmente incisivi sulla prole. Tra questi vari disturbi mentali, cognitivi e comportamentali inclusi delinquenza e alcolismo. Quest'ultimo aspetto è stato recentemente indagato, considerate le scarse conoscenze in merito, scoprendo che la dipendenza da alcol compare già entro il 21° anno di età.

Fasi sensibili


Le ragioni biologiche di tale precocità (e di tutti gli altri disturbi) vanno ricercate nell'interferenza dell'alcol nello sviluppo del sistema nervoso. Diversi studi infatti, riportano che anche piccole quantità di alcol consumate in un'unica volta possono modificare lo sviluppo neurologico nella vita intrauterina. Ma anche l'interazione tra alcol e geni può influenzare l'espressione di geni coinvolti nella costruzione del sistema nervoso e predisporre l'individuo a disordini legati all'alcol o ad altri tipi di dipendenze.
Tali interferenze, quindi, possono intervenire in fasi diverse della gestazione, e un equipe australiana ha voluto verificare come la modalità e i tempi di consumo di alcol nell'arco dei nove mesi contribuiscono allo sviluppo dell'alcolismo nella progenie. Il campione studiato era una coorte di bambini nati nello stesso anno e seguiti fino ai 21 anni, preoccupandosi di valutare l'uso di alcol prima della gravidanza, nella sua fase precoce e nella sua fase tardiva. Si è arrivati a un totale di circa 2000 soggetti sottoposti a 21 anni a un test di diagnosi di alcolismo che poteva essere precoce, se risaliva al periodo tra i 13 e i 17 anni, o tardiva, se compariva tra i 18 e i 21 anni. Incrociando i dati e isolandoli da possibili fattori confondenti, come la familiarità, è emerso che già con un consumo di tre bicchieri di alcol sortiva effetti negativi. Con tali quantità, assunte per altro in poche occasioni nell'arco di un mese, quindi non un sorso di vino occasionale che avrebbe spalmato la quantità totale ma bevute più consistenti, il rischio di alcolismo dei giovani figli aumentava. Era quasi triplo (2,78) quello di insorgenza precoce della dipendenza se l'esposizione fetale era avvenuta nella prima fase della gravidanza, più basso (1,21) se aveva interessato la fase avanzata, in ogni caso il rischio era doppio rispetto all'assenza di esposizione all'alcol. La tendenza era analoga, considerando le probabilità con cui l'alcolismo colpiva i ragazzi più grandi, stesso rischio (2,78) all'inizio della gravidanza che si riduceva (1,51) nella fase successiva e più che doppia su tutta la durata della gravidanza.

Vite segnate


Al di là del monito alle future mamme di evitare l'alcol, visti gli effetti dimostrati sulla prole, i dati forniscono un forte sostegno all'ipotesi dell'origine biologica dell'alcolismo, a prescindere dagli effetti ambientali. Altri test condotti su animali mostravano che l'esposizione all'alcol durante la vita uterina aumentava e anticipava la capacità della progenie di accettare etanolo. E nell'uomo è stata osservata tramite ecografia una relazione di dose-risposta tra la dimensione della corteccia corticale del feto e il consumo materno di alcol, a suggerire che le modifiche cerebrali avvengono ancora prima della nascita. Non stupisce quindi la giovane età dei figli a cui compare il fenomeno.

Simona Zazzetta



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