Prevedere l'aborto

16 maggio 2008
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Prevedere l'aborto



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In linea generale, circa il 40-50% dei concepimenti, nella specie umana, non vanno a buon fine, cioè si va incontro a un aborto spontaneo. Se si calcola che le possibilità di concepimento per ogni singolo rapporto sono pari a 1 su 5, è evidente che l'uomo non è un animale particolarmente prolifico. Il quadro potrebbe anche peggiorare, per lo meno nel mondo industrializzato, visto il progressivo invecchiare delle primipare. E' senz'altro possibile sventare la minaccia di aborto, e stabilire anche chi vi è più esposto. Tuttavia sono cure che hanno un qualche costo, umano ed economico, e richiedono test che potrebbero essere più semplici. A quest'ultima necessità potrebbe ovviare il particolare test oggetto di uno studio pilota pubblicato su JAMA. Si tratta del dosaggio di una sostanza fisiologica, un endocannabinoide chiamato anandamide. L'anandamide, in base ai risultati dello studio nell'animale, contribuisce allo sviluppo sia della blastocisti sia dell'endometrio, che devono avvenire in sincrono per rendere possibile l'annidamento dell'uovo fecondato. Per la precisione, perché l'annidamento avvenga vi devono essere bassi livelli di anandamide. Questa sostanza infatti viene metabolizzata in acido arachidonico (un acido grasso polinsaturo) ed etanolamina da un enzima chiamato FAAH, enzima che dunque regola i livelli di anandamide e la cui produzione è regolata dal progesterone. Riassumendo, se vi è un'elevata espressione dell'enzima e quindi un basso livello dell'endocannabinoide, il concepimento avviene regolarmente.

Nessun rischio sotto 2


Di qui, i ricercatori si sono impegnati a controllare se, in un gruppo di gravide sane non fumatrici, era possibile predire l'eventuale aborto spontaneo soltanto sulla base dei livelli di anandamide. Hanno così arruolato 45 donne in gravidanza con fattori di rischio per aborto spontaneo, delle quali 36 hanno ultimato regolarmente la gestazione e 9 hanno invece perso il bambino.Tutte presentavano le medesime caratteristiche e tutte sono state trattate nello stesso modo, compresa l'esecuzione del dosaggio dell'anandamide nel sangue. Il valore mediano riscontrato, cioè quello che divide in due un gruppo) era tre volte più elevato nel gruppo delle donne che hanno abortito rispetto a quelle con gravidanza normale. Comunque, tutte le donne che hanno presentato un livello di anandamide superiore a 2.0 nanomoli, mentre questo valore era presente solo in due donne tra coloro che avevano partorito regolarmente, tuttavia in costoro il parto è avvenuto alla 33sima settimana, con sviluppo di grave preeclampsia e peso alla nascita del bambino di 1,85 kg. In definitiva usare il valore 2 nanomoli come soglia consente di avere un test con una sensibilità del 100% e una specificità del 94%. In altri termini se il test è negativo, cioè il livello di anandamide della gestante è inferiore a 2, sicuramente non si avrà un aborto, al contrario se il valore è superiore vi è un 98% di probabilità di parto normale.

Un test più semplice


Questi risultati confermano altri indizi che si erano raccolti precedentemente: per esempio, bassi livelli dell'enzima FAAH erano stati riscontrati nelle cellule ematiche mononucleate di donne che partite con gravidanze normali avevano poi abortito; oppure gli elevati livelli di anandamide riscontrati nelle donne che si erano sottoposte senza successo alla fertilizzazione in vitro con trasferimento dell'embrione. Rispetto al dosaggio dell'FAAH, la ricerca dell'andanamide è più semplice e rapida, visto che si può usare il sangue intero senza sottoporlo a separazione. Quello che occorre, ora, è mettere alla prova il test in una popolazione più ampia.

Maurizio Imperiali



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