Ma ora è un pericolo?

08 marzo 2003
Aggiornamenti e focus

Ma ora è un pericolo?



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Il campanello di allarme è scattato il 17 luglio 2002: la terapia ormonale sostitutiva (TOS) fa male. Ma ricostruendo il percorso della ricerca scientifica del settore, le cose sono andate in modo leggermente diverso e le conclusioni possono non essere così nette.
O meglio, un'attenta lettura dei numerosissimi studi precedenti getta una luce diversa sugli odierni risultati e permette di trarre conclusioni adeguate ai singoli casi.
La storia della ricerca sulla TOS è caratterizzata da risultati positivi relativi alla sua efficacia nel trattamento dei sintomi tipici della menopausa: vampate di calore, sudorazione, osteoporosi, disturbi urogenitali, disturbi dell'umore.
Ma oltre all'efficacia, per altro finora mai messa in discussione, si è tentato di provare se la TOS potesse avere un ruolo protettivo contro certe patologie coronariche, dal momento che molti studi osservazionali suggerivano un effetto preventivo dell'uso di estrogeni in post-menopausa. Successivi studi randomizzati non hanno confermato le ipotesi dando indicazioni ben precise sulle finalità della prescrizione della terapia ormonale sostitutiva. I più recenti esempi di tale tentativo sono lo studio HERS e il WHI, obiettivo dei quali era verificare la possibilità di usare la TOS (estrogeni coniugati equini, combinati con progesterone, somministrati per via orale) rispettivamente nella prevenzione secondaria e primaria delle patologie cardiovascolari.

In principio fu l'HERS


Acronimo di Heart and Estrogen/progestin Replacement Study, uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato (cioè con un gruppo che assume un placebo) che ha coinvolto ben 2763 donne in post-menopausa.
Scopo dello studio era verificare se la TOS fosse efficace anche nel prevenire le cardiopatie in una popolazione a rischio elevato: le partecipanti avevano una storia di patologia cardiaca (infarto miocardico, bypass coronarico, angioplastica delle coronarie, occlusione di almeno il 50% di un'arteria coronarica) e fattori di rischio importanti (fumo, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete).
Oltre al gran numero di pazienti studiate, la significatività di questo trial nasce anche dalla sua lunga durata che, negli intenti iniziali, doveva essere di circa 10 anni.
Lo studio, iniziato nel 1993 è stato modificato dopo 4 anni, in seguito ai primi scoraggianti risultati: durante il primo anno di trattamento aumentava la percentuale di incidenti cardiovascolari nelle donne che assumevano la TOS, per poi gradualmente tornare a valori normali (quelli della popolazione generale) o addirittura scendere al di sotto.
Per questi motivi nel 1998 il protocollo dello studio è stato reso pubblico, ciò significa che ciascuna delle partecipanti è stata informata circa la reale natura del medicinale che assumeva: placebo (inerte) oppure combinazione estro-progestinica. Da quel momento in poi proseguire il trattamento è stata una scelta di ogni singola paziente (e del suo medico): l'8% di coloro che assumevano il placebo ha preferito intraprendere la TOS, il 45% delle donne in trattamento sostituivo ha deciso di continuarlo. I ricercatori speravano che, sul lungo periodo, si manifestassero con maggior chiarezza gli effetti benefici e così hanno continuato a monitorare le donne rimaste. Dopo quasi altri 3 anni, però, si sono dovuti arrendere: gli ulteriori dati raccolti dalla seconda parte dello studio (HERS II) hanno definitivamente chiarito che la TOS non si può utilizzare per prevenire un secondo evento cardiaco in donne già affette da cardiopatia.

Lo studio WHI


Contemporaneo dell'HERS è il noto WHI, ovvero Women's Health Initiative, lo studio che ha ha fatto suonare il campanello di allarme negli ultimi mesi.
E' lo studio randomizzato e controllato che tra il 1993 e il 1998 ha reclutato 16608 donne in menopausa, che non avevano subito l'asportazione dell'utero, di età compresa tra 50 e 79 anni.
In questo caso il trattamento veniva testato per verificarne l'efficacia nella prevenzione primaria, cioè per prevenire l'infarto e le altre malattie nelle persone sane, sulla base di un bilancio tra i benefici e i rischi.
Lo studio si sarebbe dovuto protrarre fino al 2005 per concludere la raccolta dei dati sugli effetti a lungo termine. Ma il 31 maggio di quest'anno, cioè dopo 5.2 anni, lo studio è stato interrotto poiché non è stata riscontrata un'effettiva azione di prevenzione primaria nelle pazienti che seguivano la terapia rispetto al gruppo controllo.
Inoltre, i risultati spostavano il bilancio rischi-benefici: i danni causati dalla terapia erano superiori ai benefici attesi. Rispetto al gruppo di controllo, sono stati registrati ogni 10mila donne, 8 casi in più di cancro al seno, 7 di patologie cardiache, 7 di ictus e 8 di embolia polmonare. Nel complesso l'incremento è stato di circa 100 casi ogni 10mila donne, cioè 1 ogni 100. Tra i benefici attesi e confermati dallo studio, figurano la riduzione di cancro colon rettale e delle fratture all'anca, rispettivamente 6 e 5 casi in meno rispetto al gruppo di controllo.

E adesso?

In definitiva i risultati dei due studi confermano i dubbi relativi all'aumentato rischio di tumore alla mammella, soprattutto con una terapia a lungo termine; il loro contributo innovativo consiste nell'affermare con certezza che la TOS non può essere usata nella prevenzione delle malattie coronariche.
Le indicazioni emerse dai dati confermano che la combinazione estro-progestinica può essere prescritta solo per trattare la sintomatologia della menopausa. La decisione di iniziare la terapia ormonale sostitutiva è subordinata alla valutazione medica del singolo caso; esistono comunque situazioni oggettive in cui può essere fortemente consigliata; per esempio in casi di menopausa precoce al fine di scongiurare il rischio di cedimenti vertebrali, fratture dell'anca e rallentare l'invecchiamento fisiologico. Lo è anche nei soggetti con forte sintomatologia climaterica, come le vampate, che rappresentano circa il 20% della casistica totale; in questo caso sono sufficienti, in genere, 3-4 anni di terapia, da concludersi con dosi a scalare. Infine, è utile nei casi in cui l'osteoporosi sia prossima o già conclamata.
Alla luce degli ultimi dati, la TOS è da evitare in soggetti con cardiopatie coronariche, ipertensione, trombosi vascolari, gravi epatopatie in atto, tumore al seno, all'ovaio e all'endometrio, calcoli alla colecisti e ipertrigliceridemia.
Per le donne tuttora in terapia non è richiesta un'immediata interruzione ma è opportuno che siano sottoposte regolarmente a controllo medico, in particolare nei casi di terapia a lungo termine (superiore a 5 anni).
Sulla base di queste indicazioni saranno il medico e la paziente che valutando la soggettività della situazione potranno decidere se intraprendere o modificare il percorso terapeutico in questione o prendere in considerazione alternative valide che garantiscano sicurezza alla paziente ma anche qualità della vita.

Elisabetta Lucchesini
Simona Zazzetta



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