Il cammino è cominciato

16 luglio 2004
Aggiornamenti e focus

Il cammino è cominciato



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"Non credo che un vaccino anti-AIDS efficace arriverà prima di 10 anni". Così, raffreddando le speranze sull'imminenza di una svolta vaccinale si è espresso Peter Piot, direttore dell'UNAIDS, nel corso della conferenza di Bangkok. Non solo. Seth Berkley, presidente e capo dell'esecutivo dell'International AIDS Vaccine Initiative (IAVI) ha rincarato la dose, sostenendo che tutti gli scienziati impegnati in questa corsa contro il tempo dovranno rivedere le proprie carte se i tanti vaccini in sperimentazione, tutti basati sullo stesso approccio, falliranno. In ogni caso gli sforzi messi in campo sono ancora inadeguati. Queste sono le premesse, ma a che punto è la ricerca?

Il punto della situazione


Dal punto di vista scientifico la difficoltà nella creazione del vaccino risiede nella natura stessa del virus. Se, infatti, per infezioni come il morbillo, la polio o qualsiasi altra per la quale si sia creato un vaccino, le persone dopo essere state infettate producono difese che le immunizzano, per l'AIDS non è così. Il virus cioè distrugge le stesse cellule del sistema immunitario che dovrebbero essere stimolate all'azione dal vaccino. Non solo. L'HIV si trasforma a grande velocità. Se ne conoscono nove sottotipi e una volta nel corpo comincia a mutare rapidamente rendendo arduo il suo smascheramento dal sistema immunitario. Infine il virus ha molte vie di trasmissione. Dunque sono differenti i meccanismi immunitari da stimolare. Due comunque le direzioni verso cui ci si è mossi sino ad ora: prevenire l'infezione e aiutare nel controllo della malattia.

Vaccino preventivo


I vaccini come l'antitetanica, l'antipolio, l'antimorbillo e l'antiepatite, prevengono la malattia senza prevenire l'infezione. Infatti riducono immediatamente la carica virale o batterica che invade l'organismo impedendo che questo possa provocare la malattia. Vi sono evidenze che il vaccino anti-HIV possa essere in grado di ridurre drasticamente il rischio di malattia. L'elaborazione dei vaccini anti-HIV sta procedendo su diverse linee. Si è riusciti a isolare alcune proteine virali che, trattate con particolari metodiche e iniettate in tre o quattro momenti successivi, determinerebbero una risposta anticorpale, utile al controllo della malattia. Vista la grande variabilità del virus si è fatto in modo di costruire virus "chimera" formati dalle parti più strategiche dell'HIV che più spesso vengono conservate anche dopo le mutazioni. Lo scopo è che la difesa immunitaria, scatenata da tale vaccino, possa riconoscere la maggior parte delle varietà di HIV conosciute.

Vaccino terapeutico

Cioè in grado di aiutare il sistema immunitario dell'organismo infetto a ricostruire una difesa specifica e valida contro il virus. Stimolare il sistema immunitario, ma la questione è ancora discussa, potrebbe essere la strada giusta per trasformare la malattia in patologia cronica, curabile con cicli di terapie e di vaccini alternando il controllo del sistema immunitario a quello dei farmaci e viceversa. Accanto alla sperimentazione dei vaccini, esiste una serie di ricerche che coinvolgono sostanze cosiddette immunostimolanti. Metodiche terapeutiche cioè che hanno come obiettivo lo stimolare o il regolare il sistema immunitario.

Le sperimentazioni in corso

La ricerca attuale è mirata ad individuare vaccini efficaci sia per prevenire l'infezione verso persone sieronegative, sia per cercare di cronicizzare l'infezione in persone già sieropositive, secondo gli esperti, infatti, la soluzione vincente per contrastare la malattia non verrà da un solo vaccino ma dalla combinazione di molti. I vaccini vivi, cosiddetti attenuati, sono utilizzati per proteggere da molte patologie infettive. Per l'HIV non esistono modelli sperimentali che permettano di rassicurare sull'assoluta innocuità di un vaccino con HIV vivo. Un'altra alternativa è l'uso di HIV completamente inattivato. Inattivare il virus incontra difficoltà tecniche legate alla perdita di proteine importanti per la stimolazione del sistema immunitario.

La via italiana al vaccino

''Ci stiamo preparando alla fase II della sperimentazione del vaccino italiano anti-AIDS. E il nostro auspicio e' di iniziare nei primi mesi del 2005''. Così si è espresso Enrico Garaci, presidente dell'Istituto superiore di sanità. ''Ci fa piacere constatare - ha aggiunto Garaci - che il vaccino dell'ISS studiato dal gruppo di Barbara Ensoli si e' rivelato un candidato di tutto rispetto: e' in corso lo studio di fase I e ci stiamo preparando alla fase II''. La malattia e' ormai un'emergenza mondiale e ''deve essere uno dei primi obiettivi dei governi, soprattutto nei Paesi sviluppati". La strategia del team guidato dalla Ensoli è stata utilizzare come antigene una proteina che regola la replicazione virale, invece di una proteina di superficie. Si tratta della proteina Tat, che rimane praticamente identica in tutti i ceppi virali, e garantisce l'efficacia del vaccino su più varianti dell'HIV. E' già conclusa la fase 1, nella quale il vaccino è stato provato su pochi volontari sani e non (protocollo preventivo e terapeutico), per valutare il dosaggio ottimale e la sicurezza. Nella fase 2, che allarga il numero delle persone arruolate, si studieranno le risposte immunitarie, il dosaggio e i tempi. Nella terza fase si valuterà, infine, se il vaccino è davvero efficace nel prevenire l'infezione su una grande popolazione ad alto rischio di infezione. Non va dimenticato però che il completamento degli studi e l'analisi dei dati richiederà un periodo di tempo non inferiore ai 7 anni, anche 10. Si tratta di protocolli molto impegnativi per i quali l'ISS ha già ammesso di non poter effettuare da solo come fatto finora, chiedendo quindi il coinvolgimento di capitali più ampi, dato che i costi complessivi possono arrivare fino a 100 milioni di euro.

Marco Malagutti



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