Il virus? Eccolo!

29 gennaio 2004
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Il virus? Eccolo!



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E' tornato, cattivo come sempre, il virus H5N1 che al 28 di gennaio ha mietuto 8 vittime umane, tra la Tailandia e il Vietnam, e migliaia di polli. E' un virus influenzale di tipo A, quello che solitamente colpisce l'uomo ma anche molte specie animali, ed è molto instabile a causa di meccanismi evolutivi strategici. Il virus, infatti, subisce piccoli, ma continui cambiamenti genici che gli permettono di eludere la risposta immunitaria dell'ospite, e cambiamenti più ampi e improvvisi che portano a nuove combinazioni e a nuovi stipiti virali che sfuggono, tra l'altro, al controllo dei vaccini. Il responsabile dei recenti e passati casi è il sottotipo aviario cioè che colpisce gli uccelli H5N1 (H e N sono proteine superficiali del virus soggette a variazione) particolarmente patogeno e aggressivo, che trova un "serbatoio" naturale nell'avifauna selvatica.

Storia di un ceppo


Lo scenario attuale ricorda le precedenti incursioni del virus H5N1, la prima delle quali risale al 1997. Allora 18 persone a Hong Kong vennero ricoverate in ospedale con un infezione da H5N1 e sei di loro morirono. Fu il primo esempio documentato di trasmissione diretta dell'influenza H5N1 agli esseri umani. Nel 2001 e alla fine del 2002 si ripeté il copione: il virus fece la sua comparsa nei mercati di pollame e tutti gli animali vennero sterminati per prevenire la trasmissione nell'uomo. Nel 2003 fu la volta della Cina: due residenti a Hong Kong dopo essere stati nella repubblica cinese si ammalarono e nello stesso anno si sviluppò un altro ceppo aviario virulento, H7N7 che esplose negli allevamenti industriali olandesi di pollame uccidendo un veterinario. Nonostante l'Asia con i suoi tradizionali mercati di animali vivi sia un terreno fertile per l'influenza aviaria, stupisce la distribuzione a macchia di leopardo dell'infezione in altre regioni geografiche. Una delle ipotesi possibili presume che siano gli uccelli selvatici migratori a fungere da vettore di diffusione del virus, un vettore difficile da controllare.
Ma la minaccia deriva proprio dalla natura mutevole dei virus, in particolare quelli, come il virus dell'influenza, costituiti da RNA che possono mutare per delezione, riassortimento e ricombinazione e quindi acquisire nuove proprietà. Fino all'epidemia del 1997 si aveva la certezza che il sottotipo H5N1 necessitasse di un vettore intermedio animale per diffondersi: il maiale, gli uccelli e gli esseri umani condividono alcune forme molecolari di un acido che si trova nell'epitelio respiratorio. Il rischio che temono ora tutti gli infettivologi è che il ceppo H5N1 possa riassortirsi con il virus dell'influenza umano acquisendo da questo la capacità di trasmettersi tra essere umani.

Strumenti per difendersi


I soggetti colpiti manifestano i sintomi di una forte influenza, tosse, febbre alta, infiammazione delle vie respiratorie, con sospetto di polmonite. I mezzi di difesa a disposizione sono piuttosto spuntati, i farmaci antivirali sono costosi e poco efficaci; per ora si può procedere sopprimendo gli animali contagiati, ma per prevenire la diffusione nell'uomo bisognerà ripensare il tradizionale vaccino antinfluenzale. Il metodo standard di allestimento non può essere utilizato perché prevede l'impiego di embrioni di pollo, ma il ceppo H5 è letale per gli uccelli e li uccide rapidamente. La tecnologia biomolecolare dei plasmidi è in grado di produrre il vaccino che, però, non è ancora stato testato in studi clinici e quindi non può essere messo in commercio. Anche i periodi di quarantena, destinati ai casi sospetti o dichiarati di SARS, potrebbero non essere efficaci in quanto il virus influenzale è più contagioso del coronavirus della SARS.
Lo scenario di una pandemia catastrofica è per fortuna solo una delle ipotesi, ragion per cui l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha alzato il livello di guardia nelle aree colpite ed è già disponibile un kit di diagnosi già inviato a centri nazionali per l'influenza. L'attenzione è rivolta soprattutto ai settori industriali e commerciali a rischio perché una cosa certa è che molte delle patologie infettive dell'uomo emerse negli ultimi 20 anni avevano una fonte animale.

Simona Zazzetta



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