Antinfluenzale anti-CAP

19 gennaio 2007
Aggiornamenti e focus

Antinfluenzale anti-CAP



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La vaccinazione antinfluenzale non è solo il caposaldo per prevenire l'influenza, permette anche di ridurne le complicanze negli individui più vulnerabili, inoltre può conferire benefici anche quando non riesce a evitare l'infezione e questa si manifesta in forma attenuata. Bisogna ricordare che la circolazione stagionale dei virus influenzali si associa a un aumento sia di casi d'influenza e di polmonite, sia di ricoveri per esacerbazioni di patologie croniche con relativo incremento di mortalità; la vaccinazione anti-flu ha dimostrato di ridurre la mortalità per tutte le cause e le ospedalizzazioni in soggetti più fragili quali gli anziani. La possibilità dell'attenuazione della gravità della malattia, che può diminuire il rischio di complicanze, è emersa per l'antipneumococcica e un effetto simile si avrebbe per l'antinfluenzale. Per quest'ultima una protezione si dimostra nei confronti di persone ricoverate per polmonite acquisita in comunità (CAP), nelle quali la vaccinazione è stata evidentemente inefficace nel prevenire la polmonite e l'ospedalizzazione, ma il guadagno di salute è probabilmente legato all'attenuazione piuttosto che alla prevenzione dell'infezione.

Effetto legato all'attenuazione


L'evidenza giunge da un ampio studio di coorte statunitense che ha valutato il tipo e l'entità dell'effetto protettivo dell'antinfluenzale relativamente a 17.393 adulti (> 18 anni) ricoverati per CAP, nel corso delle quattro stagioni invernali tra il 1999 e il 2003, catalogati in vaccinati per l'anno corrente, non vaccinati, con stato vaccinale sconosciuto. Escludendo questi ultimi, si è accertato che il 19% si era sottoposto all'immunoprofilassi per la stagione in corso; si trattava di soggetti più anziani e con malattia più severa. Nei vaccinati è risultata una riduzione di mortalità intraospedaliera per tutte le cause, che è rimasta significativa dopo la correzione di fattori legati alla profilassi anti-pneumococcica e alle comorbilità. La diminuzione variava da un minimo del 22% ritenendo che i soggetti dallo stato vaccinale sconosciuto si fossero vaccinati, a un massimo del 43%, cioè si poteva evidenziare un beneficio in termini di sopravvivenza associato alla profilassi corrente, anche se la maggioranza o tutti quelli con stato vaccinale ignoto fossero stati vaccinati. Inoltre la mortalità aumentava con la gravità della CAP, in presenza o in assenza dell'immunoprofilassi, e in seguito alla vaccinazione diminuiva nei casi più severi come nei meno severi.

Aumentare la copertura nei vulnerabili


L'effetto protettivo potrebbe essere appunto il risultato di un'attenuazione dell'influenza dovuta a un anticorpo specifico per i ceppi virali circolanti, o rappresentare uno spostamento verso polmoniti causate da patogeni meno virulenti, in base all'ipotesi che l'infezione con virus influenzali predisponga a quella con S. pneumoniae. La persistenza dell'effetto protettivo suggerirebbe comunque, per gli autori, il coinvolgimento anche di altri fattori, oltre a quello dell'attenuazione. In ogni caso, concludono, lo studio offre ragioni in più per aumentare la copertura vaccinale antinfluenzale, che insieme a quella antipneumococcica resta invece al di sotto dell'obiettivo per quanto riguarda i soggetti vulnerabili (negli USA, ma anche da noi), causando un aumento di mortalità e di ricoveri nonché di costi: sempre in America, rispettivamente 41mila decessi e 318mila ospedalizzazioni legate ogni anno all'influenza, con una spesa stimata tra 400 milioni e un miliardo di dollari. E il fatto che siano possibili effetti salvavita della vaccinazione anche quando non si previene l'infezione potrebbe costituire un messaggio efficace per promuoverne la diffusione, oltre che per le valutazioni relative a produzione e stoccaggio dei vaccini in caso della possibile pandemia sempre più spesso viene evocata.

Viviana Zanardi



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