Male al petto? A me gli occhi!

17 novembre 2006
Aggiornamenti e focus

Male al petto? A me gli occhi!



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Il dolore al petto, dietro lo sterno o magari un po' più a sinistra è per così dire un tormentone diagnostico: può trattarsi dell'angina, quindi di una disturbo cardiovascolare, o può essere una manifestazione del reflusso gastroesofageo. Può anche essere qualcosa di inspiegabile in questi termini, magari con una componente psicologica preponderante. In questo caso, se si è fortunati il medico può rimandare a casa il paziente dicendo che non è niente di preoccupante; se si è meno fortunati, o se si indulge al fai da te, può anche cominciare un ping pong tra un test e l'altro.
In ogni caso, ricorda uno studio comparso sulla rivista Gut, il disturbo, ancorché non preoccupante può compromettere in qualche misura la funzionalità di chi lo accusa, la sua capacità di svolgere le mansioni quotidiane e, in breve, non lasciarlo "in pace". Però, soluzioni farmacologiche non ce ne sono. Quindi, si è chiesto un gruppo di ricercatori olandese, perché non provare con l'ipnosi? D'altra parte, questa tecnica aveva dimostrato di funzionare in un altro disturbo funzionale poco trattabile coi mezzi tradizionali e anche con quelli più soft (integratori eccetera), con risultati oltretutto durevoli nel tempo.

Anche se scettico il paziente migliora


Lo studio si è svolto coinvolgendo una trentina di pazienti che accusavano il dolore toracico non cardiaco, nei quali le complicazioni coronariche erano state escluse attraverso la coronarografia, così come la presenza di reflusso gastroesofageo, ovviamente attraverso altri test. Il campione è stato poi suddiviso in due gruppi, il primo avviato a 12 sedute di ipnoterapia, il secondo a un generico supporto più la somministrazione di un placebo, il tutto nell'arco di 17 settimane. Al termine dell'intervento, si è riscontrato un significativo beneficio dell'ipnoterapia: l'80% dei pazienti sottoposti alle sedute mostravano un significativo miglioramento complessivo dei sintomi, in particolare dell'intensità del dolore se non della frequenza con cui si presentava; nel gruppo di controllo, invece, miglioramenti paragonabili si sono registrati solo nel 23% dei pazienti. L'ipnoterapia migliorava anche gli indici di benessere più generici, ovvero la qualità della vita. Non vi erano invece differenze di rilievo in fatto di ansia e depressione. Il risultato è quindi favorevole e meritevole di ulteriori sviluppi. Non che non esistano difficoltà. Gli autori della ricerca parlano della necessità di superare lo scetticismo di alcuni dei pazienti, così come fanno presente che l'ipnoterapia richiede una buona dose di tempo e lavoro da parte dell'operatore: non è come prescrivere un analgesico (esattamente come una seduta di psicoterapia è molto più laboriosa che assumere un antidepressivo). Stanno destino quello dell'ipnoterapia: molti vi ricorrono per smettere di fumare, e pare con successo, e agli esordi della psicanalisi si riteneva (da parte di Freud ma anche di altri) che potesse accorciare i tempi dell'analisi, con ovvi vantaggi economici. Eppure, studi se ne fanno in numero davvero limitato: che costi troppo poco?

Maurizio Imperiali



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