Cuori malati sicuri tra le nubi

15 dicembre 2004
Aggiornamenti e focus

Cuori malati sicuri tra le nubi



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Per qualcuno una vacanza non è tale se non c'è un viaggio in programma, meglio se verso climi caldi e località esotiche. Peccato per le 6, 8 e più ore di volo. Per alcuni questa è una noia, per altri può essere anche un pericolo per la salute. Del rapporto tra viaggi aerei e malattie cardiovascolari si è occupato un articolo della rivista Journal of Travel Medicine. Da quando si è sviluppato il trasporto aereo di massa, e da quando fortunatamente anche i cardiopatici possono condurre una vita normale, ci si è preoccupati di stabilire se lunghe trasferte aeree possono costituire un pericolo per chi soffre di cuore. In effetti qualche pericolo ci può essere, ed è per questo che da tempo è obbligatorio avere a bordo defibrillatori portatili automatici nei voli a lunga percorrenza.

Meno ossigeno, anche business class


Il primo rischio riguarda l'ossigenazione della cabina. È vero che negli aerei di linea è pressurizzata ma non sempre la pressione di ossigeno è pari a quella che si ha a livello del mare. Questo comporta una diminuzione della pressione arteriosa dell'ossigeno (PaO2). È chiaro che nelle persone sane questo non comporta svantaggi superiori a quelli di una gita in montagna, ma quando la saturazione è bassa anche in condizioni normali, cioè inferiore a 70 mm, possono presentarsi problemi. In particolare si tratta di persone che hanno sofferenze polmonari, come la bronchite cronica. In questi casi prima di intraprendere il viaggio è bene fare un controllo e, eventualmente, chiedere alla compagnia di poter usufruire di ossigeno. Si è anche ipotizzato che l'effetto "alta montagna" possa anche indurre ischemia o aritmia, sempre nelle persone predisposte, ma mancano studi decisivi al riguardo: chi è ben compensato non dovrebbe correre pericoli. C'è poi anche da considerare l'effetto dello stress, cioè della paura del volo, che forse ha un ruolo anche maggiore negli episodi ischemici di chi ha fattori di rischio noti.Chi ha subito un infarto deve fare attenzione, ma a due-tre settimane dall'evento, se il flusso sanguigno è stato ristabilito adeguatamente attraverso l'angioplastica o la trombolisi, non esiste una controindicazione assoluta e non è di norma necessario viaggiare con il medico accanto. Discorso analogo per coloro che sono portatori di defibrillatori/pacemaker impiantabili. I moderni dispositivi non dovrebbero risentire delle onde elettromagnetiche generate dagli apparecchi elettronici presenti sull'aereo o dai metal detector fissi o portatili in uso negli aeroporti, tuttavia è prudente, in caso di controlli, chiedere di essere perquisiti "a mano" anziché con i detector portatili: la prudenza non è mai eccessiva. In ogni caso, chi è portatore di pacemaker o defibrillatori farà bene a portare con sé una relazione medica sul suo stato e sul tipo di dispositivo che porta.

Attenzione alle gambe


Niente di nuovo anche sul rischio trombosi: per tutti sono consigliabili le calze compressive, raccomandazione a maggior ragione valida per chi ha problemi vascolari; al contrario, non ci sono prove che l'uso di farmaci anticoagulanti (a cominciare dall'aspirina) modifichi il rischio di trombosi venosa. Quindi anche chi è in terapia deve seguire le norme preventive che, oltre alle calze, prevedono che si cerchi di camminare, si eviti di accavallare le gambe, di bere alcol e, ovviamente, di fumare.In definitiva l'articolo conclude che anche per chi ha avuto un infarto, o comunque ha una cardiopatia, il viaggio aereo è relativamente innocuo. Sempre a patto che prima della partenza ci sia stata una valutazione da parte del cardiologo.

Maurizio Lucchinelli



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