Il batterio giunge al rene

10 ottobre 2003
Aggiornamenti e focus

Il batterio giunge al rene



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Il tratto urinario può essere colpito da numerose infezioni che agiscono con modalità diverse, superficiali o invasive, e, rispettivamente in distretti diversi: tratto basso (vescica e uretra) o alto (uretere e reni). Tuttavia, essendo le zone colpite in comunicazione tra loro può accadere che l'infezione, di solito di natura batterica, possa migrare e aggredire più parti del tratto urinario. Quando raggiunge il rene, si può verificare una manifestazione infiammatoria dell'organo o pielonefrite.

Rapida e dolorosa


Nella sua forma acuta, infatti, è spesso provocata dai batteri responsabili della cistite che risalgono il tratto urinario, sfruttando fattori intrinseci di adesione alle pareti oppure, in alcuni casi, possono arrivare al rene attraverso il circolo sanguigno e, raramente, per via linfatica. Un piccolo ceppo di E. coli particolarmente aggressivo per le vie urinarie è responsabile del 70-95% dei casi dell'infezione renale, ma altri microrganismi come Stafilococchi, Klebsiella, Enterobacter vengono comunemente isolati in questi pazienti.
Una cistite asintomatica o trascurata o particolarmente aggressiva rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo dell'infezione del rene. Chiaramente non sono sufficienti i fattori di virulenza del batterio per scatenare la patologia, alcuni aspetti legati all'ospite hanno un ruolo importante: il basso pH delle urine, il rilascio di fattori che attivano il sistema immunitario, l'attività antibatterica della mucosa della vescica urinaria proteggono dall'infezione. Inoltre, ci sono condizioni cliniche che predispongono all'attacco batterico: un eccessivo ristagno dell'urina o una colica renale che irrita l'apparato urinario favoriscono l'azione dei batteri, ma anche la gravidanza (poiché l'utero gravido può comprimere le vie escretrici), il diabete, le malattie debilitanti.
Nei soggetti affetti da pielonefrite acuta i sintomi si sviluppano rapidamente, in poche ore o in un giorno, la febbre raggiunge i 39°C o più, si avvertono brividi, nausea, vomito, diarrea, dolore costo-vertebrale generalmente unilaterale che aumenta durante la minzione. A volte possono comparire anche i sintomi della cistite come l'aumento della frequenza associata a difficoltà a urinare.

Cronica e a volte invisibile


Se gli episodi di pielonefrite sono ricorrenti o persistenti l'infiammazione può cronicizzare, ma ciò accade quasi esclusivamente in pazienti che presentano problematiche anatomiche: l'ostruzione del tratto urinario, calcoli o più comunemente reflusso vescico-uretrale, provocato da un difetto congenito che determina un'incompetenza della valvola uretro-vescicale che rimane quindi aperta. La forma cronica di pielonefrite è associata agli effetti cicatriziali di un'infezione precedente o ricorrente che possono portare a patologie renali e a grave insufficienza renale. E' probabile che i danni, che evolvono in tessuto cicatriziale, siano attribuibili al reflusso intrarenale di urina infetta, in assenza di reflusso infatti è meno frequente la formazione di tale tessuto. A differenza della forma acuta, possono non esserci sintomi oppure essere vaghi e poco consistenti come stanchezza, perdita dell'appetito.

Antibiotici su tutti i fronti

In questa infezione la terapia è piuttosto complessa. Per cominciare, gli antibiotici per via orale sono consigliati soltanto nei casi lievi, mentre quando l'infezione è più grave è bene ricorrere agli antibiotici per via iniettiva (se intramuscolare o endovenosa dipende dal tipo di antibiotico) e al ricovero ospedaliero. Inoltre, la gamma delle sostanze impiegate si amplia perché, a differenza delle cistiti, più varia è la gamma dei batteri all'origine della malattia. In particolare, più spesso sono coinvolti batteri gram-positivi sui quali i fluorochinoloni, per esempio, sono molto meno efficaci. In linea generale, nel trattamento della pielonefrite si impiegano come agenti orali i fluorochinoloni, il cotrimossazolo e, se è in gioco un batterio gram-positivo, l'amoxicillina. Se invece si deve ricorrere alla terapia iniettiva normalmente si usano l'ampicillina, gli aminoglicosidi e le cefalosporine. Di norma la terapia della pielonefrite acuta dura da 7 a 14 giorni in funzione della gravità. Non è detto però che tutto questo periodo vada trascorso in ospedale: recentemente si è andato imponendo il cosiddetto schema sequenziale: il trattamento comincia con leiniezioni ma, se si rivela efficace, prosegue con un farmaco orale, a volte lo stesso e a volte un altro che, però, è altrettanto efficace sul batterio.
Chiaramente, la miglior cura della pielonefrite è la sua prevenzione, che in questo caso significa identificare e curare le suddette situazioni cliniche che espongono al rischio di sviluppo del disturbo acuto o cronico, con particolare attenzione alle infezioni del tratto urinario fin dalla loro comparsa.

Simona Zazzetta



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