Giù il bicchiere per salvare il fegato

12 dicembre 2007
Aggiornamenti e focus

Giù il bicchiere per salvare il fegato



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Quando il fegato è colpito da patologie, in particolare da cirrosi, la strategia più efficace per salvarlo è sospendere il consumo di alcool, astenersi del tutto può anche portare a una regressione della fibrosi, e ricondurre la cirrosi a uno stadio iniziale. Ma rinunciare al bere è forse la cosa più complicata e ardua che si possa proporre a un alcolista che ha anche un secondo problema da risolvere: la dipendenza. Questa, però, resta la modalità più adeguata per gestire il paziente alcolista con cirrosi epatica. Potrebbe essere sufficiente sapere che perseverare nell'abuso è causa diretta di complicanze correlate alla cirrosi, incluso il carcinoma epatico e un ostacolo irremovibile al trapianto di fegato. Ma non sempre è sufficiente informare.

La cirrosi esclude


Il sostegno psicologico, l'approccio motivazionale, l'informazione e gli incontri regolari, da soli non sono sufficienti per eliminare la dipendenza e arrivare a un'astinenza dall'alcool prolungata. Tuttavia non sono in corso studi per testare farmaci su pazienti con cirrosi provocata dall'alcool; tra i motivi anche il profilo clinico dei pazienti e quello metabolico dei farmaci che riducono il desiderio di bere. Si tratta di pazienti con fegato compromesso ed elevati livelli di aminotransferasi e le molecole in questione hanno un esteso metabolismo epatico, cioè la loro eliminazione avviene attraverso il fegato. L'incompatibilità porterebbe all'esclusione dei pazienti dal campione e quindi a non avere una popolazione rappresentativa. Non a caso le molecole con indicazione per il trattamento della dipendenza da alcool sono controindicate per i soggetti con malattie del fegato. Il naltrexone ha dimostrato di essere causa di danni epatici dovuti al trattamento, il topiramato è un agente promettente ma non ci sono studi condotti su pazienti con cirrosi, e inoltre può indurre iperammoniemia e variazioni rilevanti nella funzionalità epatica.

Test sul candidato


Un principio con maggiori prospettive di impiego è il baclofen: come il tapiramato, agisce da agonista con alcuni recettori nervosi specifici (recettori del GABA, acido gamma-aminobutirrico) ma con un basso metabolismo epatico, che si produce in questo organo solo per il 15%, mentre il resto viene eliminato dal rene senza essere metabolizzato. Ha dimostrato di non avere effetti collaterali sia nei pazienti con dipendenza da alcool sia in quelli con disturbi neurologici. Un candidato ideale per trattare anche alcolisti con cirrosi epatica, le cui prove di efficacia e sicurezza sono state raccolte presso l'Istituto di Medicina Interna dell'Università Cattolica di Roma. Nel gruppo sono stati inclusi pazienti, con diagnosi di cirrosi, rispondenti al profilo di alcolista secondo i criteri del DSM-IV, cioè bevevano pesantemente (almeno cinque drink gli uomini, almeno quattro le donne) per almeno due giorni alla settimana e con un totale settimanale di 21 drink per gli uomini e di 14 per le donne. Circa 80 soggetti sono stati avviati, in doppio cieco, al farmaco o a un placebo, tutti sostenuti da sedute di psicoterapia, per 12 settimane, e poi monitorati per altre quattro.

Astinenza sostenuta

I due gruppi hanno riportato risultati diversi rispetto alla capacità di astenersi dal bere nel periodo di osservazione: il 71% del braccio farmaco ci era riuscito contro il 29% del braccio placebo. E ciò che i pazienti dichiaravano di aver fatto era comprovato da analisi di laboratorio che avevano rilevato una riduzione significativa dei marcatori di danno epatico (alanina aminotransferasi, gamma-glutamiltransferasi, bilirubina). Un calo del desiderio di bere era stato registrato anche nel gruppo trattato con placebo, ma in misura minore e di certo attribuibile al sostegno psicologico, e con una quota (31%) di abbandoni più alta (14% nel gruppo trattato con baclofen).
Non sono stati notati effetti epatotossici e nemmeno effetti collaterali a carico del rene o del sistema nervoso. Il sospetto di quest'ultimo tipo di danno è dovuto all'azione su recettori nervosi, ma si tratta di un'azione selettiva sui recettori GABA che non aumentato i rischi di encefalopatie. I successi ottenuti hanno quindi confermato i dati di studi preliminari sul baclofen elevandolo a regime farmacologico adatto ad alcolisti con danno epatico, e riportano il problema in una dimensione più realistica in cui il paziente non ha solo il problema dell'alcool da risolvere. E tale complessità va inclusa nei criteri di arruolamento e studiata.

Simona Zazzetta



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