Nuovo approccio conferma il colpevole

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Nuovo approccio conferma il colpevole



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Fin dalla sua identificazione come malattia, che risale al 1868, la sclerosi multipla è stata studiata nell'ambito familiare dei pazienti per comprenderne eventuali dinamiche di ereditarietà. Ai possibili fattori di rischio genetici se ne sono aggiunti altri, tra i più importanti quelli ambientali, ma la ricerca sulla trasmissione della malattia non si è mai arrestata. A questo duplice obiettivo e traguardo sono serviti gli studi sui gemelli e su bambini adottati.

Fattore di rischio inespugnabile


Il peso dell'ereditarietà è stato misurato con la frequenza con cui si manifestava la malattia in entrambi i gemelli monozigoti (nati dallo stesso ovulo), un tasso che si aggira attorno al 30%, e che scende al 2% quando si tratta di gemelli dizigoti o semplicemente fratelli. Una probabilità che resta comunque più alta rispetto alla media della popolazione generale europea, che si attesta allo 0,1%. L'implicazione di una componente genetica, oltre che per la familiarità della malattia, la si riscontra anche come variazione del tasso di incidenza tra gruppi etnici diversi, indipendentemente dalla localizzazione geografica. Le prevalenza della sclerosi multipla è alta nelle popolazioni del Nord Europa e bassa in quella africana, cinese, giapponese e lappone. Con l'avvento delle tecniche di studio dei geni, negli anni '70 è stata riconosciuta l'associazione tra la malattia e la regione HLA del genoma, deputata a codificare per gli antigeni di istocompatibilità, molecole presentate sulla superficie delle cellule del sistema immunitario che determinano la risposta immunitaria.
L'associazione è stata ristretta a un gene di questa regione, l'HLA-DRB1 presente sul cromosoma 6, al punto da considerarlo il fattore genetico di rischio più forte che influenza la suscettibilità alla malattia. Senza escludere la presenza di altri elementi genetici che interagiscono, contribuendo ognuno con un rischio relativamente piccolo, al rischio totale.

Varianti sul tema


Gli ultimi scoperti in questo ruolo sono due, IL2RA, che codifica per una porzione del recettore dell'interleuchina-2 e IL7RA, analogo del primo ma per l'interleuchina-7, entrambi si trovano su cromosomi diversi rispetto alla regione HLA. La scoperta non mette in discussione la dominanza dei geni HLA nella predisposizione alla malattia dei pazienti, che anzi viene rinforzata, ma apre a nuove prospettive. La ricerca è stata condotta su larga scala con un set di dati raccolti su un campione di 12 mila soggetti, selezionati a gruppi familiari di tre: un figlio con la sclerosi multipla e entrambi i genitori. L'approccio adottato per lo studio dell'espressione genica è piuttosto diverso rispetto al classico studio di singoli o pochi geni preventivamente selezionati, è stato infatti studiato il profilo di espressione genica a livello di intero genoma (genome-wide) usando più di 300 mila marcatori di polimorfismi. L'obiettivo era di monitorare la trasmissione dei polimorfismi dei singoli nucleotidi (SNP, i cosiddetti snip) nei bambini e l'associazione con la malattia. Come ci si aspettava nessun polimorfismo esterno alla regione HLA dimostrava una forte associazione con la sclerosi multipla, ma ha destato interesse il coinvolgimento dei geni che codificano per i recettori delle interleuchine. Si tratta di molecole che svolgono un ruolo importante nella reazione immunitaria mediata dalle cellule T del sistema immunitario, e in una malattia come la sclerosi multipla, in cui la componente autoimmune è stata ampiamente dimostrata, non stupisce che le varianti di questi geni siano implicate nella eziopatogenesi o quanto meno nel rischio. Un contributo, tuttavia, che gli stessi autori e i commentatori in un editoriale, vogliono ridimensionare specificando che è molto piccolo e spiega solo una piccola variazione, lo 0,2%, nel rischio di sclerosi multipla. Di sicuro offre due spunti di riflessione, da una parte l'importanza di informare la comunità di persone toccate in vario modo dalla malattia. Dall'altra, la scoperta di altrA?i polimorfismi implicati nella sclerosi multipla lasca presupporre che ce ne possano essere altri, che vanno cercati con questo approccio di ricerca.

Simona Zazzetta



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