Epilessia: terapia farmacologica

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Epilessia: terapia farmacologica



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Oggi sono rimasti, per fortuna, pochi dubbi sul trattamento farmacologico dell'epilessia. Infatti, sempre tenendo conto della serietà di questa malattia, il progresso della ricerca in materia ha consentito di ridimensionare sia i criteri d'identificazione sia quelli di trattamento realizzando anche un importante risultato a valenza psico-sociale. E tutto ciò ha una valida ragione d'essere nelle evidenze della clinica quotidiana. In pratica, l'epilessia non è più una malattia oscura o della quale ci si debba vergognare che comportava un' ingiustificata limitazione della qualità della vita. Di fatto, i neurologi hanno posto in evidenza che gli studi degli ultimi dieci anni offrono motivi di reale ottimismo. In numeri, si può affermare che circa il 70% dei bambini e il 60% degli adulti affetti da differenti forme della malattia possono andare incontro ad una remissione (miglioramento psico-fisico generale con allungamento degli intervalli liberi dagli attacchi) o addirittura a una regressione completa degli accessi epilettici. Ma prima di tentare di soddisfare la curiosità, forse anche sostenuta da un'aspettativa più che legittima di guarigione, eccovi un sintetico elenco delle classi di farmaci che si possono riunire sotto la categoria degli antiepilettici.

Quali sono i farmaci efficaci


Nel caso della cura farmacologica dell'epilessia si devono considerare due principi fondamentali:
  • la cura dell'epilessia è basata sul controllo e possibilmente sulla risoluzione delle condizioni che causano gli accessi convulsivi (o attacchi epilettici) siano essi di natura primitiva o secondaria
  • il meccanismo d'azione dei farmaci atti a contrastare la manifestazione convulsiva o la contrazione mioclonica focale è essenzialmente ridurre l'eccitazione dei neuroni appartenenti alle zone cerebrali nelle quali si localizza il focus epilettogeno (si potrebbe definire come il focolaio da cui parte la scarica elettrica che innesca l'attacco). Questi farmaci hanno in comune un'azione favorente l'attività del GABA che è uno dei neurotrasmettitori di tipo inibitorio, cioè l'opposto di un eccitante (per questo i farmaci di questa categoria sono conosciuti in un solo termine come "gabaergici").

I principi attivi


  • FENITOINA (difenilidantoina)
    Indicazioni: per il grande male e le presentazioni focali (crisi parziali)

  • CARBAMAZEPINA
    Indicazioni: per il grande male e le presentazioni focali (crisi parziali)

  • Acido VALPROICO (sodio valproato)
    Indicazioni: per crisi parziali , per quelle atipiche e per le assenze

  • FENOBARBITAL
    Indicazioni: per crisi tonico-cloniche

  • PRIMIDONE
    Indicazioni: crisi tonico-cloniche generali e presentazioni focali (crisi parziali)

  • ETOSUCCIMIDE
    Indicazioni: per assenze e per il piccolo male

  • GABAPENTINA
    Indicazioni: per crisi focali (crisi parziali)

  • LAMOTRIGINA
    Indicazioni: per crisi focali

  • CLONAZEPAM
    Indicazioni: per assenze e crisi atipiche

  • FELBAMATO
    Indicazioni: per i pazienti che non rispondono agli altri farmaci

Effetti tossici e/o collaterali e di interferenza con altri farmaci e sostanze

Sono necessarie anche alcune precisazioni sul trattamento farmacologico che si possono riassumere in alcuni effetti tossici e/o collaterali e di interferenza con altri farmaci e sostanze. Prima tra tutte, è la raccomandazione della completa astensione dal consumo di bevande alcoliche. Inoltre, l'assunzione di questi farmaci potrebbe provocare alcuni effetti transitori sia sulla cute (eritemi) sia su altri sistemi ed apparati (sistema muscolo-scheletrico, sistema emolinfopoietico). Inoltre, anche sul SNC si possono evidenziare disturbi di vario genere che vanno dalla sonnolenza, al torpore, alla incoordinazione motoria con perdita dell'equilibrio. Uno di questi farmaci in particolare, il valproato, può dare problemi di tossicità al fegato e all'apparato gastrointestinale, problemi che si risolvono bene alla sospensione. E ancora , esiste la possibilità che associando due di queste medicine, possano intervenire influenze nell'assorbimento di uno o dell'altro principio farmacologico e ciò può rendere difficile valutarne l'efficacia. In questo caso la scelta diviene, per il medico, un po' più complessa (la tendenza è proprio quella di realizzare un programma terapeutico efficace con un solo farmaco).
Nessun timore, però! Tutti questi problemi sono in genere rimediabili con aggiustamenti delle dosi o cambiamenti del farmaco in questione che sono naturalmente di competenza del medico e che sono sempre avvantaggiati dalla sicura e pratica possibilità di eseguire periodicamente dei controlli dell'andamento della terapia. Questo permette una verifica reale di quanto il farmaco sia presente nell'organismo e si mantenga in un intervallo terapeutico. Basta eseguire un semplice prelievo di sangue e nel campione verrà rilevato il livello del farmaco, così da consentire un eventuale modificazione (praticamente tutti i laboratori d'analisi, pubblici o privati, sono in grado oggi di eseguire questa determinazione). Va detto anche che tutti questi farmaci appartengono alla classe A (secondo la normativa italiana trattasi di farmaci di prima necessità -salvavita- e quindi a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale, la distribuzione da parte delle farmacie è gratuita, sempre dopo presentazione di regolare ricetta del medico di base). Ma a questo punto arriva il meglio!

Si può sospendere il trattamento, e quando?

Come si era già anticipato, la farmacologia in questo campo ha ben consolidato le proprie esperienze e i neurologi sono giunti a convulsioni veramente incoraggianti sulla base delle numerosissime evidenze cliniche. Il problema principale da discutere restava, fino agli anni 90', quello di realizzare un programma sicuro che orientasse la decisione del medico di sospendere la terapia. Per questo motivo le più importanti organizzazioni medico-scientifiche e specialistiche in campo neurologico hanno stilato le seguenti linee guida.

Ed ecco i criteri necessari e sufficienti per intraprendere la via della sospensione del trattamento:
  • intervallo libero da crisi epilettiche per un periodo consecutivo che va da 2 a 5 anni (in media almeno 3.5 anni)
  • se la malattia ha avuto un decorso costante caratterizzato da un solo tipo di crisi (sia parziali sia tonico-cloniche generalizzate)
  • se i controlli neurologici si sono normalizzati
  • il controllo all'esame EEG (elettro-encefalo-gramma) si è normalizzato con il trattamento.
Le raccomandazioni finali sono poi anche quelle di una sospensione graduale, di una tempestiva comunicazione al medico degli eventuali e di una effettiva graduale ripresa di tutte le attività quotidiane, dalle meno impegnative fino a quelle che richiedono maggiore attenzione (per i bambini la ripresa di tutte le attività scolastiche e sportive e, per gli adulti, quelle lavorative e la guida dell'auto, le giovani donne epilettiche possono essere incoraggiate alla programmazione di una gravidanza).
Comunque, oggi l'epilessia non può più essere considerata una malattia cronica, o quanto meno non per tutti coloro che ne sono colpiti. Il 70 per cento dei pazienti, infatti, risponde al farmaco e la metà di questi continua a essere libnero dalle crisi anche dopo la sospensione del trattamento.

Patrizia Maria Gatti



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