Carcinoma renale: nove domande per conoscerlo

24 ottobre 2019
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Carcinoma renale: nove domande per conoscerlo



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Si tratta di una malattia frequente?
Per fortuna non particolarmente. Il tumore del rene rappresenta il 3% circa dei tumori maligni dell'adulto ed è il terzo tipo più frequente di tumore urologico dopo quelli della prostata e della vescica. La sua frequenza è stabile, con circa 155 nuovi casi annui per ogni milione di abitanti: in totale, in Italia si verificano circa 9.000 nuovi casi ogni anno, più frequentemente nelle persone di sesso maschile.

Il tumore ai reni si manifesta in modo evidente in tutti i pazienti?
Sfortunatamente no. Nel 30% dei casi circa questo tumore è asintomatico, i sintomi cioè si presentano quando la malattia è già in fase avanzata. Ecco perché è utile sottoporsi a controlli regolari delle urine, così da individuare per tempo eventuali anomalie. La diagnosi precoce, infatti, è molto importante perché, se il tumore viene individuato a uno stadio relativamente iniziale, l'asportazione chirurgica di tutto o di parte del rene può portare alla guarigione.

Quanto tempo può passare fra l'esordio della malattia e la comparsa delle sue conseguenze?
Non è possibile dirlo con esattezza. Il tumore al rene è molto imprevedibile, per lo meno più di molti altri tumori. In alcuni casi, è molto aggressivo, per cui cresce in maniera rapida e causa conseguenze importanti fin dalle prime fasi; in altri casi, possono anche passare anni prima che compaiano manifestazioni legate al tumore.

Può succedere che venga scoperto per caso?
Succede molto spesso che il tumore al rene venga scoperto casualmente, durante un esame (ad es., un'ecografia) o una visita eseguita per altri motivi. Paradossalmente, questa casualità può essere positiva. Infatti, i tumori renali scoperti incidentalmente tendono ad avere una prognosi migliore rispetto a quelli sintomatici, essendo di dimensioni più piccole e di basso stadio.

Chi soffre di malattie renali è più a rischio per il tumore al rene?
Sì, alcune malattie renali croniche possono incrementare il rischio di comparsa del tumore renale. Ad esempio, i pazienti affetti da malattia renale policistica (caratterizzata dalla presenza di molte cisti nei due reni; le persone affette da rene policistico possono avere anche cisti uniche o multiple in altri organi) e sottoposti a dialisi per lungo tempo hanno un rischio fino a 30 volte maggiore di quello normale di sviluppare un tumore renale.

La cura consiste sempre nell'asportazione totale del rene?
Non sempre. Oggigiorno, l'asportazione totale del rene è ancora considerata il trattamento standard per le forme localizzate. Tuttavia, per i tumori di piccole dimensioni (<4 cm di diametro) spesso si cerca di asportare il tumore preservando l'organo. Infatti, è ormai dimostrato che questa procedura garantisce gli stessi tassi di sopravvivenza e, nel caso di una recidiva, lo stesso periodo libero da malattia della chirurgia radicale. Si tratta di interventi mini-invasivi, spesso effettuati in laparoscopia. In pratica, attraverso 3-4 piccoli fori si inserisce nella cavità addominale una speciale videocamera, che trasmette le immagini della zona a un monitor che guida il chirurgo nelle varie fasi dell'intervento, eseguito con strumenti chirurgici in miniatura.

Esistono tecniche chirurgiche innovative per questo tumore?
Sono stati condotti numerosi esperimenti in questo senso. Qualche mese fa è stato sperimentato per la prima volta in Italia anche l'intervento con gli ultrasuoni. All'ospedale San Giovanni Bosco di Torino, infatti, un tumore al rene è stato eliminato attraverso una sonda in grado di trasmettere ultrasuoni, inserita nell'addome. Il calore emesso causa la morte delle cellule e dei vasi che nutrono il tumore, lasciando integro il tessuto sano. L'intervento avviene sempre in anestesia generale, ma è molto più veloce, con minore sanguinamento e una ripresa più rapida rispetto alla procedura tradizionale. Si tratta comunque di una tecnica sperimentale, che va ancora studiata.

Questa malattia può essere trattata anche con i farmaci biologici?
Sì, anche per il tumore al rene si possono usare i farmaci biologici o "target therapy". Si tratta di molecole che intervengono direttamente sui processi di formazione del tumore bloccandone lo sviluppo e la crescita, ad esempio agendo sull'angiogenesi (la formazione di nuovi vasi sanguigni che nutrono il tumore). I più utilizzati in Italia sono bevacizumab, sorafenib e sunitinib. In genere, vengono usati per la cura dei tumori in fase avanzata, anche in associazione ad altre terapie.

La malattia può colpire anche i bambini?
Sì; in questo caso, però, il tipo più frequente non è il carcinoma delle cellule dei tubuli renali, ma il cosiddetto tumore di Wilms o nefroblastoma, che, in genere, si manifesta nei bambini di età <5 anni. Nella maggior parte dei casi è dovuto a un difetto congenito e/o genetico. Il sintomo più comune consiste nella comparsa di una massa addominale palpabile. In alcuni casi possono essere presenti anche dolore addominale, sangue nelle urine, febbre, perdita consistente di peso e appetito, nausea e vomito. La terapia varia in base allo stadio della malattia: spesso si basa sull'associazione di intervento chirurgico, chemioterapia e/o radioterapia.

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