#coronavirus: anticorpi in un donatore di sangue su venti, prima della pandemia a Milano

24 maggio 2020
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#coronavirus: anticorpi in un donatore di sangue su venti, prima della pandemia a Milano



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Il virus della Covid-19 stava circolando a Milano già diverse settimane prima che iniziasse l'epidemia lo scorso 21 febbraio 2020, secondo uno studio sui donatori di sangue del Policlinico di Milano, pubblicato in anteprima (pre-print) su medRxiv, il virus SARS-CoV-2 stava già circolando da tempo nella popolazione quando è iniziata ufficialmente l'epidemia. Secondo i risultati, all'inizio dell'epidemia il 4,6% dei donatori aveva già gli anticorpi contro il coronavirus, percentuale che è salita al 7,1% all'inizio di aprile.

Mentre la pratica del distanziamento sociale sembra aver favorito soprattutto i più giovani, che hanno avuto il tempo di sviluppare un'immunità a lungo termine.


La ricerca su 800 donatori


I ricercatori hanno selezionato un campione casuale di circa 800 donatori di sangue sani che frequentano abitualmente il Policlinico di Milano, dove è attivo il principale Centro Trasfusionale con più di 40mila donatori ogni anno provenienti da Milano e province lombarde. La ricerca è stata progettata e coordinata da Daniele Prati e Luca Valenti del Dipartimento di Medicina Trasfusionale ed Ematologia del Policlinico di Milano insieme a Gianguglielmo Zehender dell'Università degli Studi di Milano, in collaborazione con diversi ricercatori provenienti anche dall'Ospedale Luigi Sacco di Milano e dall'Istituto Europeo di Oncologia. Il lavoro è stato pubblicato online in pre-print, ovvero in una forma preliminare che precede la revisione e la diffusione sulle riviste scientifiche.


Test sierologici sui donatori


Nello studio, sono stati analizzati i donatori che si sono presentati tra il 24 febbraio e l'8 aprile 2020, seguendo quindi l'andamento dell'epidemia dal suo esordio ufficiale fino al pieno del distanziamento sociale. A ciascun donatore è stato fatto, insieme alle analisi di routine, anche un test sierologico per cercare eventuali anticorpi contro SARS-CoV-2, il coronavirus responsabile della Covid-19. Il test cerca in particolare due tipi di anticorpi: le IgM, che sono l'indizio di una infezione recente, e le IgG, che invece rappresentano la memoria immunitaria a lungo termine. Il test ha una specificità del 98,3% contro questi anticorpi e una sensibilità del 100%, producendo quindi dei risultati davvero affidabili.


Un donatore ogni 20 aveva sviluppato immunità

Secondo lo studio, all'inizio dell'epidemia la sieroprevalenza di SARS-CoV-2 era del 4,6%: significa che 1 persona su 20 era già venuta in contatto con il coronavirus e aveva anche sviluppato un'immunità. «Durante le fasi dello studio caratterizzate dalle misure di distanziamento sociale» hanno commentano i ricercatori «c'è stato un aumento progressivo di questa sieroprevalenza fino al 7,1%», con limiti di confidenza che arrivano al 10,8%. Questo aumento si è riscontrato soprattutto nelle IgG, ovvero nelle infezioni meno recenti e quindi con una immunità già sviluppata, piuttosto che con le IgM. Inoltre, questo progressivo aumento della percentuale dei soggetti esposti si è riscontrato soprattutto nei più giovani, mentre le infezioni più recenti (segnalate dall'aumento delle IgM) erano associate soprattutto ai donatori più anziani.

«Lo scopo di questo studio» ha commentato Daniele Prati, direttore del Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano «era di esaminare la presenza dell'infezione da SARS-CoV-2 in adulti asintomatici in una delle aree italiane più colpite, e nello stesso tempo raccogliere più elementi possibili per comprendere i fattori di rischio e i valori di laboratorio associati alla malattia». Quindi, continua il ricercatore «È la prima vera conferma scientifica che nell'area metropolitana era presente un sommerso di persone contagiate, già prima che si verificassero i primi casi di malattia conclamata. Seppure si tratti di un articolo in pre-print, è il primo studio sierologico su persone asintomatiche che ci dice chiaramente che siamo ben lontani dall'immunità di gregge. Infine, lo studio ci ricorda che le popolazioni dei donatori di sangue possono aiutarci molto a studiare le malattie prima che si manifestino pienamente».


Fonte:

IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano




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