Dimissioni ospedaliere, i diritti dei pazienti

20 luglio 2011
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Dimissioni ospedaliere, i diritti dei pazienti



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Le dimissioni di un paziente devono essere decise solo in base a valutazioni di "ordine medico", e non ancorate ai criteri fissati dalle "linee guida" in uso nelle strutture sanitarie. Lo ha deciso qualche tempo fa una sentenza della cassazione che ha fatto molto discutere. «A nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell'ammalato» spiegava la sentenza della cassazione. Ma quali sono i diritti dei cittadini ricoverati negli ospedali rispetto alle dimissioni ospedaliere? Lo spiega Cittadinanzattiva in un documento pubblicato sul suo sito.

L'introduzione del sistema dei Drg ( i raggruppamenti Omogenei di Diagnosi) ha completamente stravolto i meccanismi di ricovero ospedaliero. Prima erano frequenti in casi di degenze molto lunghe. Questo perché il Servizio sanitario nazionale rimborsava l'ospedale sulla base del numero di giorni trascorsi dal malato all'interno della struttura: più giorni significava un maggior introito. Il sistema dei Drg, invece, prevede che venga rimborsato solo quanto effettivamente erogato, sulla base della specifica prestazione resa. A ogni DRG corrisponde quindi una tariffa che rappresenta la remunerazione del costo complessivo dell'assistenza prestata: più ricoveri oggi significa maggior introito. Questo, dicono da Cittadinanzattiva, è uno dei motivi per cui si assiste spesso a dimissioni precoci. Ma il cittadino si può tutelare. Per cominciare il foglio di dimissioni viene rilasciato al cittadino al momento della dimissione da istituti di ricovero pubblici e privati. Esso deve contenere diverse informazioni riguardanti il ricovero e in particolare: la diagnosi, gli esami eseguiti, i risultati, le cure effettuate e quelle consigliate. Il paziente è dimissibile quando i medici considerano il quadro clinico ormai stabilizzato, escludono qualsiasi rischio per la sua salute e ritengono sufficiente la presa in carico da parte dell'assistenza distrettuale: assistenza sanitaria di base (medicina generale e pediatria di libera scelta), assistenza farmaceutica, prestazioni specialistiche ambulatoriali, assistenza territoriale ambulatoriale e domiciliare e assistenza residenziale o semi residenziale (RSA, Lungodegenze, riabilitazioni ecc.). Il cittadino può esigere un foglio di dimissioni, richiedere copia della cartella clinica che ritirerà in un secondo momento, quando il responsabile del reparto o dell'unità operativa avrà verificato la completezza delle informazioni contenute e quindi chiuso la cartella clinica apponendo firma e timbro. Potrà inoltre chiedere i certificati necessari per il rapporto di lavoro, che adesso sono inviati on line ed esigere i farmaci utili per continuare la terapia nei giorni immediatamente successivi alla dimissione. La cosa importante è che il medico di famiglia possa proseguire con la cura più appropriata e programmare eventuali controlli e approfondimenti.

Se il paziente ritiene che i medici lo abbiano dimesso senza fornire un'informazione chiara e precisa sulle condizioni cliniche o che i medici si siano dimostrati poco disponibili alla comunicazione, Cittadinanzattiva suggerisce di tentare un'operazione di mediazione con i sanitari della struttura e in particolare con il primario del reparto, cercando di raccogliere maggiori informazioni sulla situazione clinica del paziente in dimissione. Molto spesso la valutazione di gravità soggettiva può essere influenzata da ragioni emotive e può non avere una reale corrispondenza con la valutazione clinica. Se i dubbi permangono e si teme si tratti di una dimissione impropria non bisogna firmare il foglio di dimissione, che equivale all'assenso. Esiste un modulo per opporsi alle dimissioni forzate che consente di avviare un dialogo con la Direzione Sanitaria per individuare una soluzione alternativa e comunque può essere utile far intervenire il medico di famiglia visto che tra i suoi compiti c'è quello di accedere ai luoghi di ricovero dei propri assistiti. Inoltre è l'unico, oltre al paziente stesso, a essere autorizzato a visionare la cartella clinica di un proprio assistito. Può quindi dare un riscontro obiettivo al caso e fungere da mediatore nella dimissione. Nei casi più gravi anche in relazione a possibili problemi connessi al contesto sociale del paziente, può essere coinvolto l'assistente sociale. È possibile, infine, sollecitare la direzione sanitaria affinché si adoperi, ad esempio, a inviare fax e a contattare strutture idonee al ricovero per il proseguimento della cura del paziente in dimissione. È, infatti, compito dell'ospedale attivarsi nell'individuazione del percorso di cura più idoneo.

Marco Malagutti



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