Depressione, farmaci e terapie integrative

30 marzo 2012
Interviste, Speciale Depressione

Depressione, farmaci e terapie integrative



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Alcune forme di depressione oggi si curano, oltre che con i nuovi farmaci che agiscono sulla serotonina, anche con nuove metodologie che migliorano la terapia farmacologica. Psicoterapia, trattamento cronobiologico e neurostimolazione sono le tre opzioni terapeutiche integrative che si possono affiancare agli antidepressivi. Dica33 ha chiesto a Tommaso Maniscalco, direttore del Dipartimento di salute mentale dell'Azienda Ulss 21 di Legnago, di spiegare in che cosa consistono queste tecniche.

Dottor Maniscalco, con quali strumenti oggi si può curare la depressione?
La terapia farmacologica resta la prima via da percorrere, la cui efficacia dipende dai una diagnosi corretta, e da una buona aderenza, cioè il paziente deve assumere i farmaci regolarmente. Rispetto al passato, oggi si usano i cosiddetti serotoninergici, che agiscono sulla serotonina, con una migliore tollerabilità rispetto agli antidepressivi più vecchi, ma con un'efficacia sovrapponibile, il che significa che funzionano nel 70% dei casi. Esistono quindi margini di miglioramento per poter migliorare l'efficacia e poter curare le cosiddette depressioni resistenti, che dopo due cicli farmacologici non danno risposta.

Oltre ai farmaci, esistono altre terapie efficaci?
In aggiunta ai farmaci, si possono seguire percorsi che usano tecniche integrative validi non solo per migliorarne l'efficacia, che può passare dal 70% all'80-85%, ma anche per curare le forme resistenti. Evitando peraltro l'incremento dei dosaggi ed eventuali effetti collaterali. Sono tecniche validate da studi scientifici, ma poco conosciute e anche poco sponsorizzate. La più nota è la psicoterapia che si affianca ai farmaci e può essere di tipo cognitivo comportamentale oppure di tipo interpersonale. Sono cicli brevi di 15-20 sedute che si svolgono nel corso di circa sei mesi, durante i quali il paziente assume anche i farmaci, i quali a loro volta per essere efficaci necessitano di questo lasso di tempo. Oltre ad aumentare l'efficacia si ottiene anche una buona stabilizzazione e minor rischio di ricadute. Esistono inoltre i trattamenti cronobiologici e le terapie fisiche di neurostimolazione.

Cominciando da quelli cronobiologici, in che cosa consistono?
Il presupposto è di intervenire sul sistema cronobiologico, una sorta di orologio biologico che regola il ciclo sonno-veglia, i ritmi ormonali nelle 24 ore, la pressione arteriosa e la temperatura corporea. È stato notato che, nei pazienti depressi, i disturbi del sonno non sono solo sintomi ma spesso compaiono prima e fanno parte dell'eziopatogenesi (meccanismo di sviluppo, n.d.r.) della depressione. Il ritmo circadiano, quello delle 24 ore, è regolato da un centro che si trova nel cervello, più precisamente nel nucleo soprachiasmatico dell'ipotalamo, sensibile alla luce. Poiché esiste una connessione tra retina dell'occhio e ipotalamo, si è visto che se si somministra una luce bianca al mattino per circa 2-3 settimane i sintomi migliorano. In sostanza, si va ad attivare l'orologio biologico che si rimette in fase con il ritmo circadiano. Il metodo è risultato particolarmente efficace nelle depressioni bipolari trattate con farmaci che stabilizzano l'umore. Non dà effetti collaterali, ma non è innocua, quindi chi ha problemi di retina, per esempio, non può farla. Un altro metodo che agisce sul sistema cronobiologico, è la deprivazione del sonno che consiste nel mantenere il paziente sveglio per alcune notti seguendo schemi specifici. Al mattino successivo i sintomi sono meno marcati e ripetendo diversi cicli il risultato viene mantenuto con meno probabilità di ricadute. Infine, si può manipolare l'orologio biologico con l'avanzamento di fase. Con questa tecnica si anticipa il sonno del paziente al pomeriggio, forzandolo con sonniferi. Si inizia alle 17 il primo giorno, alle 18 il secondo, facendolo dormire per 6-7 ore e spostando sempre più in avanti l'orario fino a riportare l'orologio in fase. Per migliorare la durata e la stabilizzazione del paziente si possono combinare i metodi a integrazione della terapia con i farmaci.

Come agiscono le terapie fisiche di neurostimolazione?
Sono tecniche particolarmente indicate per le depressioni resistenti. Un tempo si conosceva solo l'elettroshock, ma era invasivo e con effetti invalidanti sulla memoria breve. Oggi sono state elaborate diverse tecniche di neurostimolazione non invasiva, alcune delle quali sono ancora in studio. In Italia viene usata la stimolazione magnetico transcranica. Si esegue in sedute di circa 15-20 minuti, applicando una sonda in corrispondenza della corteccia dorso-laterale prefrontale sinistra, da fare tutti i giorni per 2-3 settimane. È controindicata per chi soffre di epilessia o ha pacemaker, nel 30% dei casi compare cefalea per qualche giorno e non tutti i pazienti tollerano il ronzio emesso dalla macchina. Negli Stati Uniti è stata approvata la stimolazione del nervo vago che oltre a migliorare molto il tono dell'umore migliora, conseguentemente, anche le capacità cognitive del paziente, ottiene risultati su depressioni di lunga durata anche senza l'uso dei farmaci e li mantiene stabili almeno per due anni. Ma è un metodo studiato su pochi pazienti.

Simona Zazzetta



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