Perché è così difficile comprendere i pericoli di Internet e Tv?

04 marzo 2014
Aggiornamenti e focus

Perché è così difficile comprendere i pericoli di Internet e Tv?



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Circa 4 milioni di dollari. È questa la cifra da sborsare per 30 secondi di pubblicità trasmessa durante il Super Bowl, la finale del campionato di football americano che ogni anno tiene incollate ai teleschermi milioni di persone.

«È chiaro che chi si occupa di marketing aziendale ritiene che bastino solo 30 secondi per convincere il consumatore ad acquistare il prodotto pubblicizzato» spiegano gli autori di un breve articolo pubblicato sulla rivista Pediatrics. E di certo, con una tale premessa, risulta difficile pensare che i media non influenzino il comportamento di ragazzi e adolescenti che trascorrono molte ore al giorno in compagnia di internet e Tv.

«Si toccano anche le 11 ore giornaliere se i media sono disponibili nelle camere da letto dei ragazzi» precisa Victor C. Strasburger, uno degli autori dell'articolo. La cronaca è ricca di esempi che sottolineano il potenziale rischio che si nasconde dietro a troppe ore passate davanti allo schermo: basta pensare che l'autore della strage dello scorso settembre al Navy Yard di Washington, dove persero la vita 12 persone, dedicava fino a 16 ore al giorno a videogiochi violenti. Sembra però che neppure questi drammatici esempi siano sufficienti a convincere la gente che i media possono avere effetti deleteri sulla salute influenzando il comportamento quotidiano.

Lo dimostra il fatto che, subito dopo la strage appena citata, la Cnn ha presentato un editoriale sul possibile ruolo dei videogiochi violenti sulla violenza reale e oltre 1.400 persone hanno commentato negando con forza questo legame. «Non è semplice spiegare l'influenza dei media sul comportamento così come non è semplice capire perché c'è ancora chi la nega, pur di fronte all'evidenza» afferma Strasburger, che poi prova a elencare le ragioni di chi non crede al potere negativo di web, videogames e Tv.
In molti casi, si pensa che gli altri siano più influenzabili di quanto non lo siamo noi stessi, oppure si tratta di vera e propria negazione dell'evidenza o di ragionamenti sbagliati.

«Io non ho mai ucciso nessuno anche dopo aver visto un film o aver giocato a un videogame violento»: è questo il ragionamento che spesso propone chi difende a spada tratta i media. E in alcuni casi entrano in gioco anche processi psicologici ben noti agli esperti come per esempio la cosiddetta "dissonanza cognitiva" che genera domande ben precise: «I media sono divertenti e interessanti, perché pensare che siano pericolosi per la salute?». La soluzione? «È fondamentale che tutte le associazioni mediche si uniscano per fare luce su questo spinoso argomento, ma da sole non bastano» concludono gli autori «serve un impegno da parte di tutti».



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