La sclerosi multipla e l’effetto del caffè sulle cellule cerebrali

01 gennaio 2000
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La sclerosi multipla e l’effetto del caffè sulle cellule cerebrali



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sclerosi multipla

Arriva l'ennesima buona notizia per gli amanti del caffè: la bevanda potrebbe addirittura aiutare a ridurre il rischio di sclerosi multipla. Questa conclusione, che verrà presentata in aprile nel corso del congresso annuale della American society of neurology a Washington D.C., arriva da due studi, uno statunitense e uno svedese, condotti rispettivamente su circa 1.100 e 4.400 adulti.

Nello studio a stelle e strisce è emerso che per chi beve almeno 4 tazze di caffè al giorno il rischio di sclerosi multipla si riduce di un terzo rispetto a chi non ne beve affatto e nello studio svedese i risultati sono stati pressoché identici, anche se il numero delle tazze di caffè che riducevano il rischio era salito a sei.
«Si tratta di risultati preliminari, che devono essere confermati da molte altre prove scientifiche prima di poter essere tradotte in una vera e propria raccomandazione per la popolazione» precisa Ellen Mowry, neurologa alla Johns Hopkins university di Baltimora, che sottolinea come all'eccesso di caffeina siano legati anche effetti negativi per la salute e che «i dati ottenuti non dimostrano che è proprio il caffè a determinare la riduzione del rischio». Potrebbero infatti esserci altri fattori, come lo stile di vita o l'età delle persone analizzate, che influenzano più della tazza di caffè la possibilità di ammalarsi.

Ma anche se è ancora presto per parlare di "caffè preventivo" è interessante notare che il consumo della bevanda è già stato associato in altri studi a una riduzione del rischio di malattie come l'Alzheimer o il Parkinson che - al pari della sclerosi multipla - causano la degenerazione delle cellule cerebrali. «I risultati sono interessanti» commenta Nicholas LaRocca, della National multiple sclerosis society, «resta ora da capire perché e come l'elevato consumo di caffè è legato al rischio di sclerosi multipla».

In effetti, come concludono gli esperti, scoprire i meccanismi alla base di questo legame potrebbe aprire nuove via per la ricerca di farmaci che curino la malattia o ne rallentino la progressione e potrebbe inoltre indicare strategie facili da mettere in atto nella vita quotidiana per poter vivere meglio anche se la sclerosi multipla è già presente.



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