08 ottobre 2020
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Emicrania: nuove terapie con anticorpi monoclonali
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La cefalea ha un impatto molto serio nella vita di chi ne soffre in modo cronico, in termini di qualità di vita, di produttività lavorativa, ma anche di utilizzo delle risorse sanitarie. Nella pratica è spesso sottovalutata e poco trattata, per questo motivo gli esperti sottolineano la necessità di nuove strategie di gestione dei trattamenti preventivi. Nuovi approcci terapeutici, in particolare per il trattamento dell'emicrania utilizzano gli anticorpi monoclonali per modulare in modo specifico e selettivo i meccanismi alla base di questa particolare cefalea.
L'emicrania è una malattia neurologica invalidante caratterizzata da attacchi ricorrenti di cefalea che durano tra 4 e 72 ore. Gli attacchi di emicrania sono caratterizzati da un dolore pulsante, che generalmente interessa un unico lato della testa, di intensità moderata o grave, che tende a peggiorare con l'attività fisica di routine. Inoltre, il dolore è spesso accompagnato da nausea, vomito e sensibilità alla luce (fotofobia) e al suono (fonofobia). Questi e altri sintomi neurologici transitori si presentano non solo durante gli attacchi di cefalea, ma spesso accompagnano il paziente sia prima che dopo l'attacco. La diagnosi di emicrania si basa prevalentemente su quanto viene riportato dal paziente, in termini di numero di episodi caratteristiche del dolore e sintomi associati.
Per l'emicrania esistono sia trattamenti acuti sia preventivi e i pazienti con attacchi frequenti spesso richiedono entrambi gli approcci. In generale, mentre il trattamento acuto dovrebbe essere proposto a tutte le persone con emicrania, i trattamenti preventivi dovrebbero essere utilizzati quando la terapia acuta non è sufficiente nel controllare i sintomi, quando gli attacchi sono molto frequenti o nelle persone in cui l'emicrania ha un impatto sostanziale sulla vita quotidiana.
Il limite degli attuali trattamenti preventivi è dato dal fatto che, nella maggior parte dei casi, si basano su farmaci non specifici per l'emicrania, utilizzati in modo off-label, cioè per un'indicazione terapeutica diversa da quella per cui sono stati sviluppati. La conseguenza è che l'efficacia di questi trattamenti è molto spesso limitata. L'aderenza alla terapia rimane il problema principale del trattamento preventivo dell'emicrania. Alcuni dati indicano che in media un paziente su cinque, trattato con un farmaco preventivo, interrompe il trattamento a causa della scarsa tollerabilità e degli effetti collaterali.
Solo un paziente su quattro rimane aderente al trattamento per l'emicrania cronica fino a sei mesi e questa proporzione scende a uno su cinque se si considera un periodo di un anno. La mancanza di efficacia è un'altra ragione importante per l'interruzione del trattamento. Una indagine internazionale ha mostrato che il 42,8% e il 40,8% dei pazienti, trattati rispettivamente con beta-bloccanti (ad esempio propranololo) e anti- epilettici (per esempio topiramato), hanno interrotto il trattamento indicando come motivo la mancanza di efficacia.
I meccanismi dell’attacco di emicrania e i nuovi farmaci
Cosa succede durante una attacco di cefalea? Durante un attacco i nervi trigeminali vengono attivati e secernono sostanze dette neuropeptidi pro-infiammatori, per esempio il CGRP. I neuropeptidi generano una cascata di risposte infiammatorie dei tessuti. In particolare, il CGRP induce vasodilatazione a livello dei vasi meningei, travaso di proteine plasmatiche e la degranulazione dei mastociti, con conseguente rilascio di ulteriori mediatori infiammatori. Oggi è possibile modulare le azioni del CGRP utilizzando anticorpi monoclonali ad elevata specificità e selettività, prerequisiti associati a basso rischio di effetti collaterali o tossici. Gli anticorpi monoclonali anti-CGRP possono legarsi al CGRP stesso o al suo recettore, prevenendo in tal modo la cascata di eventi infiammatori. Ad oggi, sono stati sviluppati 4 diversi anticorpi monoclonali che hanno il CGRP come bersaglio, per la prevenzione dell'emicrania: tre di questi (galcanezumab, eptinezumab e fremanezumab) legano direttamente il CGRP (ligando), mentre uno (erenumab) si lega al recettore per il CGRP.
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Emicrania: non un semplice mal di testa
L'emicrania è una malattia neurologica invalidante caratterizzata da attacchi ricorrenti di cefalea che durano tra 4 e 72 ore. Gli attacchi di emicrania sono caratterizzati da un dolore pulsante, che generalmente interessa un unico lato della testa, di intensità moderata o grave, che tende a peggiorare con l'attività fisica di routine. Inoltre, il dolore è spesso accompagnato da nausea, vomito e sensibilità alla luce (fotofobia) e al suono (fonofobia). Questi e altri sintomi neurologici transitori si presentano non solo durante gli attacchi di cefalea, ma spesso accompagnano il paziente sia prima che dopo l'attacco. La diagnosi di emicrania si basa prevalentemente su quanto viene riportato dal paziente, in termini di numero di episodi caratteristiche del dolore e sintomi associati.
Farmaci, anche per prevenire gli attacchi
Per l'emicrania esistono sia trattamenti acuti sia preventivi e i pazienti con attacchi frequenti spesso richiedono entrambi gli approcci. In generale, mentre il trattamento acuto dovrebbe essere proposto a tutte le persone con emicrania, i trattamenti preventivi dovrebbero essere utilizzati quando la terapia acuta non è sufficiente nel controllare i sintomi, quando gli attacchi sono molto frequenti o nelle persone in cui l'emicrania ha un impatto sostanziale sulla vita quotidiana.
Il limite degli attuali trattamenti preventivi è dato dal fatto che, nella maggior parte dei casi, si basano su farmaci non specifici per l'emicrania, utilizzati in modo off-label, cioè per un'indicazione terapeutica diversa da quella per cui sono stati sviluppati. La conseguenza è che l'efficacia di questi trattamenti è molto spesso limitata. L'aderenza alla terapia rimane il problema principale del trattamento preventivo dell'emicrania. Alcuni dati indicano che in media un paziente su cinque, trattato con un farmaco preventivo, interrompe il trattamento a causa della scarsa tollerabilità e degli effetti collaterali.
Solo un paziente su quattro rimane aderente al trattamento per l'emicrania cronica fino a sei mesi e questa proporzione scende a uno su cinque se si considera un periodo di un anno. La mancanza di efficacia è un'altra ragione importante per l'interruzione del trattamento. Una indagine internazionale ha mostrato che il 42,8% e il 40,8% dei pazienti, trattati rispettivamente con beta-bloccanti (ad esempio propranololo) e anti- epilettici (per esempio topiramato), hanno interrotto il trattamento indicando come motivo la mancanza di efficacia.
I meccanismi dell’attacco di emicrania e i nuovi farmaci
Cosa succede durante una attacco di cefalea? Durante un attacco i nervi trigeminali vengono attivati e secernono sostanze dette neuropeptidi pro-infiammatori, per esempio il CGRP. I neuropeptidi generano una cascata di risposte infiammatorie dei tessuti. In particolare, il CGRP induce vasodilatazione a livello dei vasi meningei, travaso di proteine plasmatiche e la degranulazione dei mastociti, con conseguente rilascio di ulteriori mediatori infiammatori. Oggi è possibile modulare le azioni del CGRP utilizzando anticorpi monoclonali ad elevata specificità e selettività, prerequisiti associati a basso rischio di effetti collaterali o tossici. Gli anticorpi monoclonali anti-CGRP possono legarsi al CGRP stesso o al suo recettore, prevenendo in tal modo la cascata di eventi infiammatori. Ad oggi, sono stati sviluppati 4 diversi anticorpi monoclonali che hanno il CGRP come bersaglio, per la prevenzione dell'emicrania: tre di questi (galcanezumab, eptinezumab e fremanezumab) legano direttamente il CGRP (ligando), mentre uno (erenumab) si lega al recettore per il CGRP.
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