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13 maggio 2005
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Il ricorso a stent medicati, "divaricatori" che permettono di mantenere aperte le arterie ostruite, è in costante crescita. Già da alcuni anni sono attivi gruppi di ricerca sia europei sia statunitensi che si occupano dell'utilizzo del dispositivo. Si tratta di interventi meno invasivi, il cui vantaggio rispetto alla cardiochirurgia tradizionale è stato "ufficializzato" da un recente studio del New England Journal of Medicine. Secondo lo studio lo stent riduce del 39% i rischi di morte, ictus e infarto. E il progresso tecnico continua. L'ultima evoluzione è stata proposta da uno studio italiano, pubblicato su JAMA. Lo studio ha evidenziato come l'associazione di stent medicati e di un nuovo farmaco, il tirofiban, garantisca un vantaggio per il paziente sia nel breve periodo sia nel lungo, grazie alla migliore capacità degli stent medicati di prevenire la riocclusione dei vasi coronarici. Ma che cos'è lo stent?

Più efficace e meno costoso


Lo stent è un cilindretto, una struttura a rete metallica, che si inserisce nelle arterie già dilatate con la tecnica del palloncino per tenere aperto il vaso. Quello medicato, in più, rilascia un farmaco che impedisce la restenosi, ossia la riocclusione dei vasi. In Italia, nel 2003, il 25% dei casi di patologia coronarica è stato curato con stent medicati. Ma il trend è in ulteriore significativa crescita. Un'evoluzione che ha i suoi effetti oltreché sui pazienti anche sul risparmio sanitario. Basti considerare che su 100 malati sottoposti a inserimento di stent medicato solo 5-6 sono costretti a tornare dal cardiologo contro il 20-30% in caso di stent semplice. Lo stent medicato, perciò, pur costando di più determina minori rischi di recidiva. Non solo. Uno studio condotto da Cergas e Università Bocconi ha calcolato che se in Italia venissero applicati solo stent medicati, il Servizio sanitario nazionale risparmierebbe 58 milioni di euro ogni anno. In quest'ottica va anche lo studio di JAMA, condotto all'università di Ferrara. I ricercatori ferraresi hanno valutato l'impatto clinico ed angiografico del Tirofiban associato a impianto di stent a rilascio di sirolimus rispetto ad abciximab, associato a impianto di stent di metallo non rivestito in pazienti con infarto miocardico acuto. Oltre a dimostrarsi più efficace l'associazione di stent medicato e nuovo farmaco sembra determinare anche un maggiore risparmio, perché il farmaco in questione ha un costo limitato e non determina esborsi ulteriori. Verrebbe meno così uno dei principali problemi associati al ricorso agli stent medicati, ossia il costo eccessivo. Inoltre per la prima volta questa strategia terapeutica è stata testata non solo nei pazienti ad alto rischio ma anche nell'angioplastica primaria. Il trial ha preso in esame 175 infartuati e solo il 5% si è ripresentato in ospedale a distanza di sei mesi per un nuovo intervento di angioplastica, contro il 30% di quelli che seguivano la terapia standard. Inoltre, dicono i ricercatori, l'utilizzo di questa associazione riduce l'incidenza delle complicanze più tipiche dell'intervento, con minori costi di ospedalizzazione. Alla luce di questi risultati è stato dato il via a un nuovo studio multicentrico che ha l'obiettivo di estendere a più pazienti e in tutta Europa la possibilità di testare la nuova terapia.

Marco Malagutti



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