Ambigui rapporti tra farmaci e diabete

26 gennaio 2007
Aggiornamenti e focus

Ambigui rapporti tra farmaci e diabete



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Farmaci per l’ipertensione, anzi classi di farmaci, ce ne sono parecchi che differiscono per azione, efficacia (in funzione delle caratteristiche individuali) e non hanno lo stesso profilo sul piano degli effetti indesiderati. Scegliere quindi il più adatto anche da questo punto di vista non è facile, anche perché non tutte le diverse classi sono state studiate una a confronto dell’altra.
In situazioni come queste vengono in aiuto le tecniche statistiche che consentono con una buona approssimazione di mettere a confronto tra di loro risultati ottenuti in studi diversi. Di queste tecniche, una delle più recenti è la network metanalysis, che permette di paragonare tra loro i risultati ottenuti con due farmaci diversi anche se questi non sono mai stati messi a confronto diretto in uno studio. Una network metanalysis è stata impiegata per paragonare tra loro le diverse classi di antipertensivi in funzione del loro effetto sullo sviluppo di diabete o il peggioramento della resistenza insulinica (cioè l’incapacità dei tessuti di utilizzare l’ormone). E’ un effetto noto già dalla fine degli anni cinquanta, particolarmente importante perché effettivamente buona parte delle persone ipertese o presentano già questa condizione, oppure presentano resistenza insulinica oppure ancora caratteristiche che possono determinarle, come l’obesità.Un dato chiaro…

Ovviamente, già si sapeva che alcuni farmaci, per esempio gli ace-inibitori, hanno una funzione protettiva nei confronti del diabete, ma una vera e propria classifica in questo senso non era stata tracciata. Così gli autori di questa ricerca hanno selezionato 21 studi clinici, per un totale di 143153 pazienti suddivisi in 48 gruppi. Diciassette studi erano stati condotti su pazienti ipertesi, tre su pazienti ad alto rischio e uno su pazienti con insufficienza cardiaca (uno degli esisti dell’ipertensione grave). Nessuno, all’inizio delle ricerche cui avevano partecipato, presentava diabete. Scopo dell’analisi era determinare in quanti, alla fine dello studio, si era presentata la malattia. Detto così sembra facile ma non lo è affatto. Il risultato è stato che effettivamente gli antipertensivi cui si associa una minore insorgenza del diabete sono gli ACE inibitori, appaiati agli inibitori dei recettori dell’angiotensina Quelli con il maggior numero di casi associati sono i diuretici, con rischio relativo pari a uno e poi i beta bloccanti e i calcio-antagonisti, che non differiscono dal placebo. Com’è, come non è, sono le due classi più recenti ad aver riportato i risultati migliori.

…con risvolti pratici incerti

Ottenuto il dato, che cosa se ne fa il medico? La risposta è più difficile, perché in termini assoluti le differenze sono piccole: in altre parole, tra un farmaco e l’altro la differenza non supera il 3,6%. Inoltre, gli studi non sono sufficientemente lunghi per stabilire se il diabete così sviluppatosi è a sua volta causa di una malattia di cuore, evento che l’antipertensivo dovrebbe evitare. Quanto alla scelta iniziale del trattamento, dunque, rimangono disparità di opinione: se negli Stati Uniti si consiglia anche per l’ipertensione non complicata di partire con un diuretico, il National Institute for Health and Clinical Excellence indica di considerare diuretici e betabloccanti come terza o quarta scelta. Gli autori giustamente dicono anche per ragioni economiche, visto che trattare il diabete è costoso. Ma d’altra parte ci sono ragioni economiche anche nella scelta di partire con i diuretici (i più vecchi e i meno cari). E a complicare il tutto c’è la differenza di risposta del paziente… Una cosa è certa, però, la scelta peggiore è trascurare l’ipertensione: tutto il resto è meglio, di molto.

Maurizio Imperiali



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