Raffreddata da cattivi pensieri

12 aprile 2006
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Raffreddata da cattivi pensieri



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E' servita la messa in commercio di pillole azzurre, gialle e arancione per portare alla luce (e all'attenzione del grande pubblico) un problema, la disfunzione erettile, che fino a quel momento era rimasto nel privato di chi ne soffriva. Tuttavia non sono solo gli uomini ad avere questo tipo di difficoltà, perché una percentuale di donne variabile dal 10 al 51% lamenta di avere poco desiderio sessuale. Ammesso che i due problemi possano essere considerati analoghi, analogo è l'interesse del mondo scientifico ma più complicata è la comprensione del fenomeno. Infatti, se per l'uomo è riscontrabile una disfunzione organica, dovuta a un'interruzione della catena degli eventi che portano all'erezione, nella donna il collegamento non è poi così semplice.

Cascata di piacere


Gettando un occhio alla fisiologia, quella femminile non si discosta di molto da quella maschile. Anche in questo caso dopo pochi secondi da una stimolazione erotica si verifica un risposta vasocongestizia (afflusso di sangue) a livello dei genitali. La risposta neurologica impegna il sistema nervoso autonomo simpatico e parasimpatico, con rilascio di acido nitrico e altri modulatori che mediano la vasodilatazione. Il risultato è, da un parte, il rilassamento della muscolatura liscia che permette un'espansione vaginale, dall'altra, una dilatazione delle arteriole che aumenta la trasudazione di fluido interstiziale che favorisce al lubrificazione. Tuttavia, mentre nell'uomo la componente fisiologica gioca un ruolo dominante su quella psicologica, nelle donne esistono molti fattori psicologici che entrano in gioco. Non a caso, tra le possibili cause della disfunzione erettile ci sono molte condizioni patologiche come diabete, insufficienza venosa, traumi, lesioni del sistema nervoso. Una relazione di causa-effetto più difficile da ritrovare nella sfera femminile, in cui invece ansia, affaticamento, depressione aspettative e esperienze negative sono associate a una riduzione dell'eccitazione sessuale. Non a caso, i dati ottenuti da indagini, riportano, come fattori strettamente legati alla soddisfazione e al desiderio sessuale, la buona salute mentale, il benessere emotivo, una percezione si sé positiva, le esperienze sessuali gratificanti, il legame sentimentale con il partner e, infine, aspettative favorevoli per la relazione in corso. Per contro, incidono sulla riduzione del desiderio la disfunzione sessuale del partner, lo stress, l'infertilità scoperta dopo un iter di indagini e una relazione di lunga durata. E' anche vero che ci sono altre cause "organiche". L'insufficienza renale, la sclerosi multipla e la menopausa prematura incidono sulla disfunzione sessuale; alcune donne, poi, sono sensibili all'uso dei contraccettivi orali e degli inibitori della ricaptazione della serotonina usati nella terapia antidepressiva.

Rimuovere l'ostacolo


L'approccio, condiviso dalle linee guida, con cui si interviene su questi casi, passa attraverso l'attenzione alla salute generale della donna e al suo stato mentale. L'eventualità di intervenire con i farmaci (estrogeni a livello locale) si prende in considerazione solo quando il rapporto sessuale è accompagnato da dolore (dispareunia) a causa di un'atrofia vulvare che riduce la motivazione sessuale. E questo è l'unico trattamento per ora autorizzato dalla Food and Drug Administration; la gestione di tutti gli altri casi è invece demandata alla psicoterapia cognitivo-comportamentale. Si cerca di capire quali potrebbero essere i fattori che contribuiscono alla riduzione del desiderio e alla disfunzione sessuale nel tentativo di modificarli, per esempio se ci sono aspettative irragionevoli o comportamenti che riducono l'interesse e la fiducia del partner, oppure pensieri negativi e distanti dalla realtà. Si interviene anche sulla coppia, verificando se sono insufficienti le stimolazioni erotiche, genitali e non, e si suggeriscono strategie anche per favorire l'avvicinamento emotivo nella coppia. Il metodo ottiene risultati nel 74% delle donne e nel 64% il beneficio si mantiene per un anno. La soluzione non è certamente immediata come quella che si ottiene con la pillola azzurra, ma considerando la maggiore complessità psicologica del fenomeno al femminile, forse è un bene non avere una pastiglia che risolve, magari si evita che diventi "una malattia".

Simona Zazzetta



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