Sicurezza su quattro ruote

16 maggio 2008
Aggiornamenti e focus

Sicurezza su quattro ruote



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Nei nove mesi di attesa sono tante le precauzioni che vengono prese per assicurare la salute del nascituro e fare in modo che nasca sano e in condizioni adeguate. Eppure ogni anno circa 250 mila donne incinte non prendono sufficienti misure per prevenire i traumi, eventi che alterano fortemente la salute della mamma e del bambino. E circa due terzi dei danni da trauma si verifica a bordo di auto durante gli incidenti stradali. Il risultato sono migliaia di danni o di decessi del feto. "Nella migliore delle ipotesi - afferma Mark Pearlman - circa l'1-2% degli incidenti stradali durante la gravidanza può avere un esito negativo sul feto, fino alla morte".

Manichini col pancione


La causa più comune di morte fetale è il distacco della placenta o abruptio placentae, cioè la separazione prematura della placenta dalla parete uterina, dopo la 20esima settimana di gestazione e prima del parto. E può avvenire con maggiore probabilità se la velocità del veicolo è alta, ma anche con basse velocità non è detto che non accada. La dinamica con cui l'urto agisce sulle strutture del corpo della donna e del feto è stato studiato dal gruppo di ricerche di Pearlman che nel 2000 ha dato delle indicazioni molto precise su come eseguire crash test specifici. Non esistevano infatti manichini che potessero ricostruire esattamente cosa accadeva alla placenta, all'utero, al liquido amniotico e al feto. I ricercatori hanno da un canto analizzato i tessuti di una ventina di gravidanze seguite fino al parto, dall'altra una quarantina di incidenti stradali che avevano coinvolto donne incinte, dei quali era nota la dinamica e gli esiti sulla gravidanza. L'attenzione è stata posta sull'abruptio placentae ed è stato ipotizzato che si verifica con maggiore probabilità in quanto è un tessuto più rigido dell'utero, anche se le analisi biochimiche non hanno confermato le analisi istologiche che hanno rilevato il contenuto di collagene e di fibre elastiche in entrambi i tessuti. L'ipotesi più probabile sembra invece prendere in considerazione il cedimento del tessuto uteroplacentale, che tiene unite le due strutture e che non è in grado di farlo già con tensioni basse, rispetto a quanto invece reggano l'utero e la placenta. Secondo Pearlman, la tensione causata dall'urto potrebbe avere una direzione tale da spaccare la zona uteroplacentale, oppure si genera un cedimento dovuto alla trazione. In questo caso, con la decelerazione dell'utero, l'inerzia del liquido amniotico induce una differenza di pressione tra la parte posteriore e quella anteriore che genera una pressione negativa nell'utero sufficiente per iniziare a far cedere la zona uteroplacentale. Sulla base di questi studi sono stati creati modelli per costruire manichini da crash test specifici, con misure, densità ed elasticità molto simili al corpo di una donna in gravidanza e contenenti uretano in corrispondenza dell'utero.

La cintura salva due vite


L'educazione all'uso dell'auto e dei suoi equipaggiamenti di sicurezza dovrebbe entrare a far parte dei programmi di informazione per le donne in gravidanza. E' importante che sappiano che la cintura di sicurezza va usata e deve prevedere la cintura a bandoliera e una addominale, solitamente combinate, se non presente in ogni caso va usata quella addominale. Le cinture vanno allacciate anche durante la guida assicurandosi che la fascia addominale passi sotto il pancione, mentre quella a bandoliera andrà a posizionarsi lateralmente all'utero passando tra i seni fino alla clavicola. In questo modo la cintura schiaccerà minimamente il pancione, mantenendo, però, fermi la madre e il feto e impedendo che in caso di incidente, si verifichi l'urto contro il volante, il cruscotto o il parabrezza o uno sbalzo fuori dall'abitacolo. In ogni caso, anche se tutto ciò si riesce a prevenire, dopo un incidente stradale anche lieve, il consulto dal medico va fatto il prima possibile.

Simona Zazzetta



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