Prevenire, informare

19 gennaio 2007
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"Il fuoco dell'amore che riscalda le acque" con questo celebre sonetto, secondo alcuni esperti, Shaskespeare avrebbe voluto riferirsi con una metafora a una malattia venerea che rende doloroso urinare. La sifilide nella fattispecie che, sempre secondo gli esperti, avrebbe afflitto il poeta negli ultimi anni della sua vita. Questo per dire che la sifilide non è esattamente una nuova malattia e anzi se ne parla dal XVI secolo, retaggio dei primi viaggi degli spagnoli dalle americhe. Ma il fatto che sia una malattia così datata non la rende automaticamente una malattia del passato, anzi. Un editoriale di Lancet torna a parlarne in termini allarmistici a proposito della sua crescita in Cina e anche gli ultimi dati italiani non sono proprio rallegranti.

In Italia raddoppiano i casi


L'infezione per cominciare. Si tratta di una malattia genitale che causa ulcere ed escoriazioni e si trasmette di persona in persona proprio attraverso le ferite a seguito di contatto sessuale. A livello di incidenza dopo la Seconda Guerra Mondiale la malattia ha avuto una significativa riduzione, probabilmente in virtù di metodi diagnostici efficaci e del trattamento con antibiotici. Ma forse proprio la riduzione dell'incidenza ha determinato un progressivo abbassamento della guardia, che oggi non è da sottovalutare. Va detto, infatti, che dopo l'Aids, la sifilide, che ha una incidenza annua di 12 milioni di nuovi malati nel mondo, è la malattia sessualmente trasmissibile con il più alto tasso di mortalità. E riguarda tutte le categorie in modo trasversale: uomini, donne, eterosessuali e omosessuali. La tendenza italiana è di un raddoppio dei casi e a dirlo è l'Istituto Superiore di Sanità (ISS), una tendenza che già si intravedeva nei primi anni del secolo in corso. Cinquanta casi negli anni '90, 100 nel 2001, 200 nel 2002. E nel Lazio, come riferito da Enrico Girardi, responsabile dell'epidemiologia clinica all'ospedale romano Spallanzani, all'ultimo congresso dell'Anlaids, i casi sono passati dai 40 del 1994 ai più di 300 del 2004. Le cause? Un aspetto è rappresentato, senza dubbio, da un abbassamento della guardia nei comportamenti sessuali, un problema che riguarda ancora di più la crescente popolazione extracomunitaria che è ancora indietro per quanto riguarda informazione e prevenzione. E proprio gettando lo sguardo fuori dall'Italia le cose non sembrano andare molto meglio. Il caso cinese raccontato da Lancet ne è una testimonianza.

Anche in Cina però...


L'editoriale che accompagna lo studio lo dice in modo chiaro. C'è una risalita delle malattie sessualmente trasmissibili, sifilide in primis, nel mondo sviluppato. Stati Uniti, Canada ed Europa ne sono l'emblema. Inevitabile che anche in Cina da che lo sviluppo economico è esploso si sia determinato il boom delle infezioni sessuali. Che, va detto, erano state eradicate dal regime comunista di Mao. Si stava meglio quando si stava peggio, in sostanza. Nella prima metà del secolo scorso la Cina ha, infatti, registrato una delle più grandi epidemie della storia. Poi screening, terapie gratuite e chiusura di bordelli hanno determinato il successo sulla malattia. Successo non definitivo però. Secondo Lancet si è passati da 0,2 casi ogni 100 mila persone del 1989 a una incidenza tra il 2000 e il 2005 di 5,13 per 100 mila persone. E non è finita qui, visto che è in aumento anche la sifilide congenita. I casi sono passati da 0,01 ogni 100 mila bebè ai 19,68 casi del 2005. Anche qui come in Italia, l'editoriale di Lancet denuncia la mancanza di informazione. Ecco perché, senza auspicare un ritorno alla dittatura comunista, l'invito dei ricercatori cinesi è ad avviare un programma di controllo della malattia con screening e terapie per il più alto numero di cittadini. Riuscirà la Cina a vincere questa battaglia?

Marco Malagutti



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