Niente Alzheimer nel FANS club

25 ottobre 2002
Aggiornamenti e focus

Niente Alzheimer nel FANS club



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Già in passato numerosi studi avevano evidenziato una possibile correlazione tra l'uso di farmaci antinfiammatori non steroidei e la riduzione del rischio di Alzheimer. Tutti, però, avevano sempre analizzato i casi "a posteriori", andando a verificare cioè l'uso di FANS durante la vita di soggetti ormai affetti dalla malattia. Un gruppo di ricercatori del Department of Epidemiology and Biostatistics, Erasmus Medical Center di Rotterdam (Olanda), per la prima volta ha, invece, realizzato uno studio di tipo prospettico partendo dall'analisi di numerosi soggetti adulti sani, seguendone le abitudini di vita e, in particolare, la costanza nell'uso di farmaci antinfiammatori non steroidei.

Lo studio


La ricerca ha coinvolto 6.989 adulti sani dai 55 anni di età in poi. La popolazione è stata suddivisa in 4 gruppi diversi in base all'uso di FANS: un primo gruppo era formato da chi non assumeva mai antinfiammatori non steroidei, il secondo da chi aveva utilizzato FANS solo a breve termine (mai più di un mese), il terzo da chi assumeva FANS non in modo continuativo (per più di 1 mese regolarmente, ma nel complesso per meno di 24 mesi) e, infine, un quarto gruppo composto da chi assumeva FANS a lungo termine (nel complesso, per oltre 24 mesi).
Al termine dello studio (dopo circa 6,8 anni), 394 pazienti hanno sviluppato una qualche forma di demenza. In particolare, 293 hanno sviluppato la sindrome di Alzheimer, 56 la demenza vascolare (demenza causata da lesioni vascolari cerebrali) e i restanti 45 altre forme di demenza. Prima di qualsiasi considerazione, i ricercatori hanno allineato i pazienti in base al sesso, all'età, allo stato sociale, all'abitudine al fumo e all'uso o meno di salicilati (classe di farmaci analgesici comprendente alcuni derivati dell'acido salicilico), di antagonisti dei recettori H2 dell'istamina (antiulcera), di antiipertensivi o di agenti ipoglicemizzanti. Tenuto conto di tutte queste variabili, i ricercatori hanno rilevato un'evidente riduzione del rischio di Alzheimer nei soggetti con un prolungato consumo di FANS. Più precisamente, il rischio relativo di sviluppare l'Alzheimer è risultato pari a 0,95 nei soggetti che avevano assunto FANS per un tempo complessivo inferiore a un mese (secondo gruppo), a 0,83 nei soggetti che avevano preso i farmaci per più di 1 mese, ma nel complesso per meno di 24 mesi (terzo gruppo) e pari a 0,20 nei soggetti che avevano fatto uso di FANS per lunghi periodi (quarto gruppo).
Sembra evidente, quindi, che maggiore è l'uso di farmaci antinfiammatori non steroidei e minore è il rischio di sviluppare la sindrome di Alzheimer. Non sembra esserci correlazione tra l'età e la riduzione del rischio di Alzheimer a seguito dell'uso di questi farmaci, e nemmeno tra consumo di FANS e il rischio di demenza vascolare. I ricercatori, inoltre, tengono a sottolineare che il possibile effetto benefico dei FANS riguarda solo ed esclusivamente un ipotetico effetto preventivo e non la capacità di bloccare o alterare il decorso della malattia ormai in atto.

I farmaci antinfiammatori non steroidei


Alla classe "farmaci antinfiammatori" appartengono tutti quei farmaci che esplicano un'attività antinfiammatoria, analgesica ed antipiretica variabile a seconda del principio chimico di base. Una sottoclasse degli antinfiammatori è quella dei FANS, sigla che letteralmente equivale a: farmaci antinfiammatori non steroidei. In genere, questi farmaci vengono assunti per alleviare il dolore (cefalee, dolori mestruali, mal di denti, mal di schiena, ...) o per contrastare delle infiammazioni (muscoli, tendini, malattie reumatiche,...). In pratica, svolgono una azione che è insieme antinfiammatoria, analgesica e antipiretica; a seconda del tipo di farmaco i tre effetti hanno, però, una diversa importanza. In particolare, gli effetti clinici dei FANS sono correlati alla capacità che hanno di inibire la sintesi delle prostaglandine, sostanze ormono-simili che intervengono nella regolazione di molte funzioni dell'organismo, tra cui la mediazione dei processi infiammatori, l'aggregazione piastrinica (processo di coagulazione del sangue) e la vasodilatazione periferica.

Annapaola Medina

Fonte

The New England Journal of Medicine 2001;Novembre 22;Vol.345,No.21.



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