L'ictus va fatto risuonare

02 febbraio 2007
Aggiornamenti e focus

L'ictus va fatto risuonare



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A proposito di pronto soccorso, e di diagnosi in situazioni di urgenza, vera, è stato pubblicato nei giorni scorsi uno studio molto interessante sul test da usare per individuare l'ictus. In questo tipo di incidente cerebrovascolare, si tratti del tipo emorragico o di quello ischemico, determinarne subito la presenza e la natura è fondamentale per la sopravvivenza del paziente ma anche per limitare i danni successivi. Per visualizzare i danni cerebrali si può ricorrere a due indagini. La tomografia (TAC) e la risonanza magnetica nucleare. La scelta tra l'uno e l'altro non è indifferente per molti aspetti, non ultimo quello organizzativo ed economico: la tomografia è una tecnica relativamente più vecchia, quindi più diffusa ed economica.

In un caso sono alla pari


Da tempo, però, alcune esperienze indicavano una superiorità della RMN; in particolare, la TAC è sempre apparsa meno sensibile nell'individuare l'ischemia, cioè il mancato afflusso di sangue, ma una dimostrazione chiara non c'era. Per dirimere la questione, un gruppo di ricercatori statunitensi ha preso in considerazione il pronto soccorso di un ospedale di Bethesda tra il settembre 2000 e il febbraio 2005. In questo periodo, le persone che giungevano con sospetto di ictus sono state sottoposte sia alla TAC sia alla RMN, dopodiché le immagini ottenute sono state refertate da diversi osservatori indipendenti, due neuroradiologi e due neurologi specialisti in campo cerebrovascolare. In questo modo sono stati raggruppati 356 pazienti, 217 dei quali avevano effettivamente subito un ictus. Dalla revisione degli esiti degli esami si è potuto stabilire che le due tecniche si equivalevano per quanto riguarda le emorragie acute, ma la risonanza magnetica era significativamente superiore nell'individuare l'ictus acuto di qualsiasi tipo, l'ictus ischemico acuto e le emorragie cerebrali croniche (cioè piccole emorragie prolungate nel tempo). Per esempio, con la risonanza magnetica sono stati individuati 164 ictus ischemici, con la TAC soltanto 35 (sempre sui 356 pazienti sospetti). In più, ed è un elemento importante, considerando i pazienti esaminati entro tre ore dalla comparsa dei sintomi, in totale 90, la risonanza magnetica ha permesso di individuare 41 ictus ischemici contro I sei soltanto resi evidenti dalla TAC. Siccome per l'ictus vale lo stesso principio dell'infarto, cioè che il tempo è vita, è evidente il vantaggio offerto dalla RMN. Per riassumere tutto con un dato, in caso di ictus in generale, l'esame più recente ha una sensibilità dell'83%, la TAC del 26%; anche se la RMN ha riportato dei falsi negativi, cioè non ha visto nulla dove il danno c'era, la TAC in quei casi non dava una risposta diversa: se l'ictus scappa alla risonanza magnetica, a maggior ragione sfuggirebbe alla TAC. In altre parole, un pronto soccorso, per quanto riguarda la gestione dell'ictus, potrebbe disporre anche soltanto della RMN e sarebbe sicuro di non correre rischi.

Valutare gli effetti sul decorso


Gli autori dello studio concludono che oggi, sul piano dell'efficacia, non ha alcun senso mantenere come standard diagnostico la TAC, anche se ammettono che effettivamente oggi la TAC senza mezzo di contrasto è più diffusa, ha costi di acquisto e di esercizio minori. Però, come a suo tempo alcuni studi hanno dimostrato procedere subito alla TAC permette di ridurre sia la mortalità sia le conseguenze invalidanti (e quindi i costi delle terapie, della riabilitazione, la perdita di capacità lavorativa e autonomia). Quello che manca, ora, è uno studio che provi per la risonanza magnetica un vantaggio superiore rispetto a quello della TAC, così da giustificare i maggiori costi. Peraltro, va anche tenuto presente, a proposito di soldi, che non è raro il caso in cui prima si fa l'esame più a portata di mano, poi quello più efficace e costoso. Tanto che ci si può domandare se non ci sia un passaggio di troppo (che costa, comunque).

Maurizio Imperiali



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