Strategie all'avanguardia

21 maggio 2008
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Nella lotta contro i tumori sono stati compiuti notevoli progressi grazie alla convergenza della ricerca clinica e sperimentale. In particolare, in Italia, presso l'Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano, sono stati ottenuti risultati incoraggianti per quanto riguarda il cancro al seno, e alla prostata. Come ha sottolineato Marco Pierotti, Direttore Scientifico dell'Istituto meneghino, nel corso di una conferenza stampa "i risultati presentati evidenziano la capacità dell'INT non solo di avvicinare sempre di più l'attività di ricerca al momento della cura, ma, soprattutto, di muoversi sempre più decisamente verso la personalizzazione della diagnosi e della terapia".

L'efficacia di trastuzumab


Nonostante i casi di decessi siano significativamente diminuiti grazie all'efficacia delle strategie preventive e della chemioterapia, resta il problema delle recidive, la cui percentuale è estremamente variabile da una paziente all'altra.
Per questa ragione, sono nati nuovi strumenti da applicare alla clinica, basati sopratutto sullo studio dei profili di espressione genica e sull'identificazione dei bersagli molecolari.
A questo proposito, il gruppo di Elda Tagliabue e Milvia Zambetti ha dimostrato che l'impiego di trastuzumab, un anticorpo monoclonale diretto contro l'oncoproteina HER2, in donne con carcinomi mammari metastatici HER2 positivi (quelli maggiormente aggressivi), forniva una risposta clinica positiva nelle metà dei casi, con un significativo aumento per la combinazione chemioterapica di trastuzumab con un taxano.
Inoltre, i ricercatori, nel corso dello studio NOAH, hanno valutato l'efficacia di questo anticorpo in associazione alla chemioterapia primaria, cioè quella che viene praticata prima dell'intervento chirurgico di asportazione ai fini di ridurre la dimensione del tumore. Dalla ricerca, che ha coinvolto 30 centri europei per un totale di circa 230 pazienti affette da carcinoma mammario localmente avanzato e con espressione elevata di HER2, è emerso che l'aggiunta del trastuzumab migliorava significativamente (dal 23% dei controlli al 43% dei soggetti trattati) la possibilità di eliminare localmente il tumore.

Programma prostata


Per quel che riguarda il "Programma prostata" come ricorda Riccardo Valdagni, che ne è Direttore, si tratta di un progetto speciale della Direzione Scientifica dell'INT, nato nel 2004, attualmente comprende 3 studi epidemiologici, 16 studi clinici, 11 di ricerca sperimentale e 2 di ricerca psicologica. L'attenzione rivolta a questa patologia nasce dal fatto che il cancro alla prostata rappresenta il tumore maschile più frequente, con circa 44.000 nuovi casi diagnosticati nel 2005. Tra i risultati più interessanti vi sono quelli ottenuti da un progetto di sorveglianza attiva, attuato in pazienti con cancro della prostata di piccole dimensioni e scarsa aggressività. Questi soggetti sono stati sottoposti a controlli periodici per il monitoraggio dell'evoluzione della malattia, ma il trattamento radicale invasivo (chirurgia, radioterapia o brachiterapia) è stato eseguito solo nei pazienti in cui si osservavano cambiamenti in senso sfavorevole, evitando, così, numerosi interventi invasivi non necessari. Infatti, il 70% dei soggetti è rimasto in sorveglianza attiva. Inoltre, nell'ambito di uno studio multicentrico internazionale denominato PROCABIO, i ricercatori hanno valutato l'utilizzo di nuovi marcatori dosabili nel sangue dei pazienti con cancro prostatico in fase iniziale, al fine di identificare i soggetti esposti al rischio di sviluppare forme aggressive.Infine, i ricercatori dell'Istituto milanese hanno sviluppato un vaccino terapeutico, che è stato somministrato sottocute in pazienti in cui chirurgia e radioterapia non erano state completamente efficaci. Lo studio pilota, appena concluso, ha coinvolto 20 soggetti e i risultati preliminari ottenuti dimostrano che nel 50% dei casi il vaccino induce una riduzione o un rallentamento della progressione del tumore, senza provocare effetti collaterali significativi. L'azione positiva sembra essere dovuta alla capacità di attivare le cellule effettrici del sistema immunitario che, a loro volta, sono in grado di eliminare le cellule tumorali.Alla luce di questi dati, oggi è, dunque, indispensabile cercare di personalizzare le terapie, sia in base alle caratteristiche del paziente, sia a quelle del tumore che lo affligge, per ottenere i risultati migliori.

Ilaria Ponte



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