Discriminanti mammografie

12 settembre 2008
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Discriminanti mammografie



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Ma la mammografia è un esame ugualmente efficace in tutte le donne? È questa la domanda che si sono posti ricercatori britannici esaminando come lo stile di vita, i fattori ormonali e altri fattori personali possano influenzare la specificità e la sensibilità dell'esame cardine per la prevenzione del tumore al seno. Se, infatti, risulta chiaro che l'efficacia dello screening dipende dalla sua "abilità" nel rilevare o nell'escludere la presenza del tumore (sensibilità e specificità rispettivamente) mancano dati affidabili su quanto le caratteristiche personali delle donne possano influenzare i risultati.

Lo studio britannico


I ricercatori hanno così preso in esame 122000 donne tra 50 e 64 anni sottoposte a mammografie di routine all'interno di un programma di screening del servizio sanitario britannico. Le pazienti, prima di sottoporsi allo screening hanno completato un questionario a proposito di alcune caratteristiche personali e legate allo stile di vita. I risultati? Le donne che fanno ricorso alla terapia ormonale sostitutiva, quelle che hanno avuto un precedente intervento ricostruttivo al seno o ancora quelle con un indice di massa corporea di 25 o inferiore (cioè magre) hanno minori probabilità di avere risultati della mammografia alterati. Al contrario altri fattori come età, precedenti familiari di tumore al seno, attività fisica, fumo o consumo di alcol, sembrerebbero essere meno condizionanti. Nel complesso sono stati riscontrati, nei 12 mesi successivi all'esame, 726 tumori al seno, dei quali 629 con screening positivo e gli altri 97, invece, in donne risultate negative alla mammografia. Il ruolo della terapia ormonale sostitutiva era già stato riscontrato in precedenza, ed è indipendente dal fatto che si tratti di terapia solo estrogenica o combinata. Lo stesso dicasi per altri fattori in esame, dall'età alla storia familiare, che confermano precedenti risultati. Altri aspetti presi in esame, invece non erano mai stati considerati prima d'ora. Per quel che riguarda possibili spiegazioni di queste interferenze sembra che risiedano nella cosiddetta densità della mammella, aumentata, per esempio, dalla terapia ormonale sostitutiva o dal basso peso corporeo. Risultati piuttosto evidenti che però non incrinano l'efficacia dello screening mammografico. Resta fermo, infatti, che la mammografia rimane il miglior modo per rilevare il cancro al seno quando ancora si trova in fase precoce. Non solo: secondo un recente articolo di JAMA, gli esiti del tumore sono molto migliori quando il primo accertamento è fatto per mezzo della mammografia. In questi casi, infatti, molto più facilmente si evita il ricorso a terapie aggressive e si evitano pericolosi effetti collaterali.

Marco Malagutti



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