Basta la prima linea

23 novembre 2007
Aggiornamenti e focus, Speciale Schiena in forma

Basta la prima linea



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Sono probabilmente una minoranza le persone che non hanno mai sperimentato un attacco di mal di schiena, ma sul modo migliore d'intervenire in questo frangente le versioni sono diverse e la confusione alimenta il fai da te. Peraltro la maggior parte degli episodi è autolimitante e il dolore recede in pochi giorni o settimane. Si parla qui di lombalgia acuta e non cronica, cioè con dolore da meno di sei settimane, e dopo l'esclusione di cause patologiche sottostanti. In realtà le linee guida convergono in maggioranza su alcuni punti: i medici dovrebbero raccomandare di rimanere il più possibile attivi ed evitare il riposo a letto, rassicurare sulla prognosi favorevole, prescrivere se occorre paracetamolo. A questa prima linea se ne può aggiungere una seconda con trattamenti manipolativi e somministrazione di antinfiammatori, i FANS. A quest'ultima strategia, molto seguita e che ricorre di frequente al diclofenac, un nuovo rigoroso studio mette però ora un freno: se aggiunti alle raccomandazioni di prima linea, manipolazione e diclofenac (ma probabilmente i FANS in generale, si dice nell'editoriale) non dimostrano ulteriori benefici né come riduzione dei tempi di recupero né come diminuzione del dolore e della disabilità.

Effetti invariati su recupero e dolore


Il nuovo trial farà forse discutere, dato che altri in precedenza hanno indicato per manipolazioni e FANS un effetto benefico anche se piccolo: gli autori affermano però che in quei lavori i pazienti non avevano correttamente ricevuto come prevede la prima linea raccomandazioni e paracetamolo, mentre se questo avviene si può ragionevolmente assumere che gli ulteriori trattamenti non migliorano i risultati. Ma veniamo agli elementi dello studio sui quali si basano. I 240 partecipanti, australiani di Sydney affetti da low back pain, cioè lombalgia, da meno di sei settimane, erano stati trattati dai medici di famiglia con l'approccio di prima linea. Nel trial, randomizzato e controllato, sono stati assegnati a quattro gruppi di trattamento: diclofenac (50 mg due volte al giorno) e terapia manuale placebo (una simulazione con ultrasuoni pulsati); manipolazione eseguita da fisioterapisti e farmaco placebo; diclofenac e terapia manipolativa; doppio placebo. Tenuto conto di tutte le variabili, l'analisi statistica finale ha dato i seguenti risultati, con periodo d'osservazione fino a dodici settimane. Per l'obiettivo primario, né i trattati con diclofenac né i sottoposti a manipolazione hanno apprezzabilmente ridotto i tempi di recupero rispetto a chi aveva ricevuto placebo, lo stesso per la loro combinazione. E né gli uni né gli altri hanno ottenuto effetti significativi riguardo all'obiettivo secondario, costituito da riduzione del dolore e della disabilità, miglioramento funzionale, beneficio globalmente percepito. Ci sono stati infine 22 casi di effetti indesiderati (disturbi gastrointestinali, vertigini, palpitazioni), metà in trattati con vero diclofenac e metà con placebo.

Ininfluente il tipo di manipolazione


La terapia manuale eseguita nello studio comprendeva soprattutto mobilizzazioni a bassa velocità e poi anche manipolazioni ad alta velocità, una possibile critica è quindi che i risultati siano stati influenzati dalle tecniche scelte. Ma, sottolinea anche l'editoriale, come risulta dalla collaborazione Cochrane i dati disponibili non forniscono evidenze convincenti che le tecniche ad alta velocità siano più efficaci delle altre, inoltre l'approccio scelto è pragmatico e riflette quello seguito nella comune pratica quotidiana. C'è stato anche un piccolo numero di pazienti (28) con co-interventi durante lo studio, che per gli autori non hanno però influenzato i risultati. Quanto all'assenza di ulteriori benefici con il diclofenac nella lombalgia acuta, i risultati non si possono generalizzare ma, si afferma, potrebbero suggerire che i FANS andrebbero limitati anche nella gamma di disturbi muscolo-scheletrici acuti nei quali vengono impiegati. Tutto questo per quanto riguarda il mal di schiena acuto, perché per il subacuto e il cronico è da verificare se si otterrebbero risultati simili. Lo studio ha infine un'altra rilevante implicazione. Mostra infatti che nella gestione del low back pain acuto, nella maggior parte dei casi è sufficiente la prima linea di trattamento, in particolare le raccomandazioni al paziente, eseguibili a livello di medicina generale. Senza esporsi così al rischio di effetti indesiderati e a costi supplementari.

Elettra Vecchia



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