La famiglia o la società?

31 gennaio 2003
Aggiornamenti e focus

La famiglia o la società?



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Certamente la risposta farmacologica o anche semplicemente medica a un disagio, specie se giovanile, è una bella coperta di Linus. Ma non è detto che potrebbero essere più o altrettanto efficaci altri interventi. La riflessione può partire anche da un recente studio di Lancet ripreso più o meno correttamente da molti giornali. Nello studio, condotto in Svezia con una metodologia molto rigorosa, si paragonava lo stato di salute in senso ampio di bambini e adolescenti che vivevano con un solo genitore o che vivevano in una famiglia con entrambi i genitori. Sul piano statistico i dati mostravano una maggiore propensione a incidenti stradali, dipendenza da alcol o stupefacenti, malattie psichiatriche e persino mortalità, nei giovani che vivevano con un solo genitore. Tuttavia questo rischio in eccesso scendeva una volta che nell'analisi si teneva conto anche di altri fattori: per esempio il livello economico del genitore, la presenza di sussidi, la situazione abitativa e anche l'età e le caratteristiche del genitore o del facente funzioni (per esempio a sua volta dipendente da alcol o droghe).

Depressi? Psicotici? Poveri...


Restando al caso della malattia psichiatrica, il dato crudo mostra che le ragazze sono 2,4 volte più esposte a questi disturbi quando inserite in famiglie "ridotte", ma se si elabora il dato in base ai fattori elencati prima, il rischio scende a 1,7 volte. Analogo discorso per i maschi: si passa da un rischio relativo quasi triplo (2,97) a uno poco più che doppio. Fin qui i dati relativi a bambini e adolescenti, ma la stessa tendenza c'è tra i giovani adulti (17 anni e oltre).
Che cosa significa questa riduzione? Significa che se si considera, per esempio, il reddito famigliare, si vede che anche nelle famiglie "complete" una minore ricchezza va di pari passo con un aumento dei disturbi tra i figli. Quindi il fattore di rischio è il divorzio o il basso reddito?

Una differenza resta


Comunque, per quanto ridotto, un maggiore rischio c'è e, quindi, un ruolo della situazione famigliare, o più precisamente del divorzio, esiste. A questo proposito gli autori dello studio, sulla base di altre ricerche, propendono per la conclusione che questo evento non ha solo conseguenze acute (cioè limitate al periodo in cui si consuma la separazione) ma tende a pesare anche successivamente, soprattutto se tra gli ex-coniugi perdura una situazione di conflitto. Però questo è un po' come dire che è la qualità del rapporto che si ha con la famiglia, e non il numero di componenti, che fa la differenza. E peraltro, anche lasciando fermo l'effetto del divorzio, questo può essere ulteriormente spiegato: un genitore solo deve assumere più ruoli, che spesso sono scarsamente compatibili. E' la fonte di sostegno, deve lavorare, ma è anche l'unica persona cui spetta l'educazione (e soprattutto il supporto) dei figli. Ma, ancora una volta, questo si ripropone anche nelle famiglie in cui, per diversi motivi sono entrambi i genitori a dover lavorare, magari in ruoli che non consentono flessibilità di orari, concessione di part-time eccetera.

Non per ridurre tutto ai soldi ma...

In conclusione, non è così azzardato, e lo fanno anche gli autori dello studio svedese, vedere nell'alterazione delle caratteristiche della famiglia, nell'impoverimento degli spazi che l'adulto può dedicare al "mestiere di genitore" una delle cause importanti del disagio di bambini e adolescenti. E anche se l'antipsichiatria non è più di moda, resta il fatto che se lo psicofarmaco, o la psicoterapia, possono e devono essere usati per "spegnere gli incendi", per evitare di appiccare il fuoco servono interventi di tipo sociale. Il che significa maggiore supporto alle famiglie, una scuola messa in grado di seguire più attentamente il bambino nel suo complesso e non solo sotto gli aspetti didattici e disciplinari.

Maurizio Imperiali



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