Parti ancora troppo medicalizzati

05 maggio 2010
Aggiornamenti e focus

Parti ancora troppo medicalizzati



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Crescono i cesarei e le ecografie - e non è bene - ma migliorano informazione e presa in carico. Sono alcune delle indicazioni che arrivano dall'indagine condotta dall'Istituto superiore di Sanità per fotografare la realtà del "percorso nascita" in Italia. La base dell'elaborazione sono i dati 2008 inviati da 25 Asl di undici Regioni, ripartite tra Nord, Centro e Sud Italia. E l'immagine che scaturisce lascia trasparire luci e ombre. Ancora troppo diffusa, per esempio, la medicalizzazione del parto, testimoniata innanzitutto dalla percentuale dei cesarei: il 33,2% del totale, in crescita rispetto al 32% registrato nel 2002 quando invece dovrebbero calare (per l'Organizzazione mondiale della Sanità non andrebbe superata la soglia del 15%). Troppe anche le ecografie: non dovrebbero essere più di tre per gravidanza, i dati invece rivelano una tendenza a salire che sembra alimentata soprattutto dalla necessità di rassicurare psicologicamente le mamme. Positivi, invece, i dati riguardanti informazione e presa in carico delle partorienti: aumenta la partecipazione ai Corsi di accompagnamento alla nascita (dal 30% del 2002 al 35,5% del 2008), cresce la percentuale di coloro che assumono acido folico (dal 10 al 20,8%) e si fa rilevante la percentuale di donne in gravidanza che smette di fumare e non riprende più se allatta al seno (il 68,1%).


«C'è stato di certo un miglioramento» commenta Michele Grandolfo, del Reparto Salute della Donna e del bambino in età evolutiva dell'Iss «le mamme sono più attente e più informate ma resta ancora alta la medicalizzazione. Sappiamo però che la presa in carico della donna e la promozione delle scelte consapevoli favoriscono una minore medicalizzazione della gravidanza e un più appropriato percorso rispetto alle prestazioni ». Per la prima volta, poi, l'indagine dell'Iss ha consentito di fotografare la realtà delle donne immigrate che partoriscono in Italia: Il 30,4% viene dall'Est-Europa (dalla Romania nel 18,4% dei casi), 33,1% dall'Africa (Egitto 12,9%, Marocco 12,2%), il 20% dall'Asia (FIlippine 7,3) e il 16,5 dall'America Latina (Perù 6,2%, Ecuador 5,1%). Per queste donne la prima emergenza riguarda l'informazione e l'assistenza: il 13% di loro arriva alla prima visita solo dopo il terzo mese di gravidanza, contro il 5% delle italiane; il 19,1% non sa quando vaccinare i figli e il il 30% non è consapevole di poter restare incinta nel periodo di allattamento.



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