Vaccini innocenti

20 giugno 2008
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Vaccini innocenti



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Quando una malattia non conosce un'origine certa è sempre un po' in balia di se stessa. A questa regola non fa eccezione l'autismo. Difatti nel 1998 suscitò grande allarme l'ipotesi che l'insorgenza dell'autismo, o di una sua particolare forma, oppure ancora l'aggravamento dei piccoli malati fosse collegato alla vaccinazione trivalente contro morbillo rosolia e parotite (orecchioni). La notizia aveva avuto origine da un articolo apparso su Lancet nel quale, sulla base di una dozzina di casi, si istituiva un collegamento tra la vaccinazione e la comparsa sia di una regressione del comportamento (il bambino riduceva per esempio la sua capacità di lavarsi, mangiare da solo eccetera) sia la comparsa di disturbi intestinali (manifestazioni infiammatorie di varia natura). Nello studio si ipotizzava anche una spiegazione: il vaccino avrebbe provocato un'alterazione della mucosa intestinale tale da consentire il passaggio dal lume intestinale al resto dell'organismo di particolari peptidi (le frazioni più piccole delle proteine) che normalmente non oltrepasserebbero questa barriera. Sarebbero poi i peptidi a causare i disturbi comportamentali.

L'epidemiologia smentisce il nesso


Lo studio non esprimeva conclusioni definitive, perché l'associazione tra la vaccinazione e l'autismo, o meglio l'aggravamento, avrebbe comportato un aumento dei casi parallelo all'aumento della copertura vaccinale. Le statistiche, cioè le indagini epidemiologiche, non provavano questo sospetto ma, secondo gli autori dello studio, nemmeno smentivano l'esistenza della correlazione. Tanto bastò per generare un grande clamore, soprattutto in Gran Bretagna, e un discreto calo delle vaccinazioni. Inoltre, sempre nello studio di Lancet si citavano diverse pubblicazioni in cui si poneva un legame abbastanza stretto tra stati infiammatori dell'intestino e i disturbi autistici. Già lo stesso anno, però, i dati dell'OMS e quelli dei registri britannici smentivano che potesse essere istituito un legame di questo genere. Non solo: era anche dubbio che i disturbi infiammatori dell'intestino potessero essere considerati un segno che accompagnava costantemente l'autismo. I sostenitori di questa ipotesi però non mutarono di avviso ma modificarono la teoria in modi diversi. Per esempio alcuni sostennero che dovevano esserci infezioni concomitanti, oppure che i soggetti dovevano anche presentare precedenti di atopia (allergia), o ancora che contava il fatto che la madre avesse subito a sua volta la vaccinazione poco prima o durante la gravidanza.

L'ultima smentita è recentissima


E' vero che analizzando i dati disponibili si nota un aumento dei casi di autismo, anche in Gran Bretagna, ma questo andamento ha avuto inizio dieci anni prima che la vaccinazione trivalente diventasse obbligatoria. Quindi l'autismo è in aumento o forse sono di più i casi in cui lo psichiatra infantile pone questa diagnosi o, ancora, che ci sono più bambini in sofferenza che arrivano a uno specialista. Quanto poi alla coincidenza tra vaccinazione e comparsa dei sintomi (colite e regressione) bisogna anche tenere presente che a segnalarla sono i genitori che, una volta lanciato l'allarme, potrebbero anche essere osservatori viziati da quanto letto o sentito sul presunto ruolo della vaccinazione. Insomma, occorreva uno studio di popolazione condotto con un certo rigore e su un ampio numero di casi. Nel 2001 questo studio di popolazione è stato condotto e i risultati sono molto chiari. Nel periodo che va dal 1979 al 1999 non sono aumentati i casi di bambini con autismo e sintomi intestinali o regressione sul totale dei piccoli pazienti cui è stata diagnosticata la malattia. Tantomeno è stato riscontrato un legame tra questi disturbi e la vaccinazione. Anche nell'ipotesi che occorra un certo periodo di "incubazione" non c'è verso di riuscire a creare un legame tra immunizzazione contro morbillo, rosolia, parotite e peggioramento della malattia e, a maggior ragione, tra immunizzazione e autismo in generale. Allora? Molto rumore per nulla, senza contare che questo non aiuta certamente né i bambini né i loro famigliari.

Maurizio Imperiali



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