Adolescenti già dipendenti

09 novembre 2007
Aggiornamenti e focus

Adolescenti già dipendenti



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E' un dato di fatto e le cronache lo confermano ogni giorno: tra gli adolescenti sono sempre più comuni i comportamenti a rischio. Da quelli autolesivi alle conseguenze di un'attività sessuale sregolata, dai comportamenti alimentari abnormi alla morte "da divertimento", gli esempi sono molti e tra questi le tossicomanie sono una delle situazioni più comuni. Proprio di questo aspetto si è occupato uno studio appena pubblicato dagli Archives of Pediatric and Adolescent Medicine, con l'obiettivo di stabilire quanti adolescenti, nel campione preso in esame, risultassero positivi al consumo di sostanze. Con risultati non esattamente confortanti. Del resto l'"addiction", la dipendenza cioè, è a tutti gli effetti una malattia cronica, indotta da fattori genetici, ambientali e comportamentali. E l'impatto che hanno trattamenti e ricadute per dipendenza sono simili a quelli di malattie croniche come il diabete, l'ipertensione e l'asma. E come tutte le malattie croniche, la dipendenza esordisce nel periodo adolescenziale e il ricorso precoce al consumo di sostanze è fortemente predittivo di disturbi analoghi successivamente. Un problema di salute pubblica a tutti gli effetti perciò.

Almeno uno screening all'anno


I numeri che fornisce lo studio sono inequivocabili. Alle scuole secondarie statunitensi l'80% degli adolescenti beve, alcolici si intende, con regolarità e il 50% ha fatto uso di qualche sostanza illecita. Non a caso, perciò, l'uso di sostanze è associato alle cause prevalenti di morte tra i teenager: omicidi, suicidi e ferite non intenzionali. Non solo. L'uso di sostanze è anche associato a una grande varietà di malattie non letali, come la depressione e i disturbi del comportamento. Ecco perché, osservano gli autori, gli ambulatori e i contesti di cura diventano l'ambiente ideale per screening universali e politiche preventive. In quest'ottica le principali organizzazioni mediche statunitensi dall'American Medical Association, all'American Academy of Pediatrics raccomandano che tutti i pazienti adolescenti ricevano uno screening per il consumo di alcol e altre droghe come parte dei programmi annuali di visita. Molti sono gli strumenti a disposizione per lo screening, tra questi il cosiddetto CRAFFT. Di che cosa si tratta?

Metodo CRAFFT


Il CRAFFT è basato su sei domande base, le cui lettere iniziali (in inglese) danno origine all'acronimo: "Sei mai salito su una macchina guidata da qualcuno (compreso il soggetto intervistato) in stato di ebbrezza da alcol e droghe? Hai mai fatto uso di alcol e droghe per rilassarti? Le hai mai utilizzate da solo? Hai mai dimenticato quello che stavi facendo per colpa dell'alcol e delle droghe? La tua famiglia o i tuoi amici ti hanno mai invitato a smettere? Hai mai corso pericoli, utilizzando alcol e droghe? Ciascun si a queste domande vale un punto e bastano due punti per avere una diagnosi di dipendenza o la necessità di un trattamento. Ma quanti adolescenti risultato positivi a questo test? Lo studio in questione mira proprio a definire la prevalenza di CRAFFT positivi nonché la prevalenza di problemi connessi all'uso di sostanze. Uno strumento per i medici e per definire adeguate politiche di screening e di prevenzione. E di screening e prevenzione c'è bisogno tenuto conto che lo studio ha riscontrato come il 15% degli adolescenti, 2133 in totale prevalentemente femmine, tra i 12 e i 18 anni che si presentano alla visita presso gli ambulatori, risultano positivi al test. Uno su sette. I dati variano a seconda delle zone considerate e la percentuale è decisamente superiore tra gli adolescenti che si recano dal medico per qualche problema, rispetto a quelli che vanno per un check-up (23% contro 7%). Più nel dettaglio, l'11,3% degli adolescenti ha un consumo "problematico" di sostanze, il 7% abusa di droghe e alcol e una percentuale di poco superiore al 3% ne è dipendente. Quanto basta per far concludere agli autori che i medici dovrebbero effettuare lo screening quanto più frequentemente possibile. Quanto più l'intervento è precoce, concludono gli autori, tanto più probabile è il successo dell'intervento successivo.

Marco Malagutti



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