Indizi rivelatori

18 gennaio 2008
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C'è un aspetto che differenzia in maniera radicale la psichiatria dalle altre discipline. Si tratta della prevedibilità del manifestarsi delle malattie affrontate. E' chiaro che non si parla di prevedibilità assoluta ma è evidente che, considerando i fattori di rischio noti, è relativamente agevole stabilire la possibilità che si presenti un infarto o il diabete Tipo 2, ma non esiste nulla di analogo per la malattia psichiatrica, si tratti del disturbo bipolare o delle psicosi. Certamente esistono segni e sintomi che possono indicare un certo grado di sofferenza che, in una scala continua, può evolvere in psicosi. Ma questo "può" per ora non era quantificabile. Ha dunque suscitato molto interesse la pubblicazione di una ricerca che mirava appunto a stabilire se era possibile trovare una formula (ma algoritmo è la parola esatta) per stabilire sulla base della presenza di alcuni fattori la possibilità che la sofferenza si convertisse in psicosi vera e propria. Non mancavano esperienze precedenti, ma si trattava di studi piccoli e limitati anche nel tempo. In questo caso, invece, sono state riunite le forze di otto centri statunitensi che impiegavano schemi di indagine analoghi.

Durata, frequenza e intensità dei sintomi


Lo studio si è svolto seguendo fino a 2 anni e mezzo, con valutazioni ogni sei mesi, trecento soggetti di giovane età che erano giunti all'attenzione dello psichiatra per la presenza di una situazione di disagio confermata attraverso uno strumento chiamato Structured Interview for Prodromal Syndromes (SIPS). La SIPS mira appunto a definire le situazioni prodromiche, cioè che precedono la malattia vera e propria, sulla base del presentarsi o aggravarsi di sintomi attenutati in una o più di cinque diverse aree: pensieri di contenuto insolito-bizzarro, comportamento sospettoso/paranoico, anomalie della percezione, megalomania, disordini della comunicazione. Ciascun sintomo poteva assumere 7 gradi di gravità in funzione della durata, della frequenza, del suo impatto sul funzionamento e così via. Per rendere l'idea, bene rifarsi letteralmente a quanto scrivono gli autori. "Per esempio, un livello prodromico di pensieri di contenuto insolito corrisponde a un'idea o a una convinzione strane che non abbandonano il soggetto che, magari, comincia a credere esistano ragioni reali per quanto pensa, ma può essere indotto a ricredersi di fronte alla prova contraria. Il livello psicotico, invece, si ha quando l'ideazione di contenuto insolito viene creduta assolutamente vera almeno per un certo periodo e causa grave turbamento e incapacità di comportarsi normalmente". Nella valutazione, però rientravano anche altri aspetti, come la predisposizione genetica alla malattia (precedenti famigliari, insomma) o il precedente abuso di sostanze psicoattive (dall'alcol alle droghe).

Cinque elementi cardine


In ultima analisi, ciò che i ricercatori hanno riscontrato è un tasso di conversione alla psicosi, nelle persone identificate come in fase prodromica, pari al 35%, enormemente superiore a quello riscontrabile nella popolazione generale (dove l'incidenza raggiunge al più lo 0,087%). Peraltro, all'analisi multivariata i fattori predittivi indipendenti erano 5: rischio genetico con recente deterioramento funzionale, pensieri di contenuto insolito, comportamento sospettoso/paranoia, difficoltà sociali e precedente di uso di droghe. Quindi se si applica lo strumento SIPS si intercetta il 35% delle persone che passeranno alla malattia conclamata, ma ricorrendo a un algoritmo che combini tre dei fattori citati prima, il risultato sale all'80% e più. Peraltro, la capacità di predizione è massima nell'arco di un anno e poi cala rapidamente, segno che questi strumenti hanno la massima utilità nell'individuare le situazioni destinate a evolvere abbastanza rapidamente.
Il risultato è analogo a quelli ottenuti in altri aspetti della medicina preventiva, quindi decisamente buono. In pratica ci sarebbe la possibilità di attuare subito le misure terapeutiche disponibili e, quindi forse cominciare a poter agire sull'evoluzione della malattia.

Maurizio Imperiali



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