I disturbi dello stress

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

I disturbi dello stress



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Lo stress può far ammalare o, almeno, può aiutare a ad ammalarsi, anche se non tutti gli effetti che il senso comune attribuisce allo stress sono provati. E poi, anche in questo caso, si deve distinguere tra stress acuto e cronico. Per il primo, l'unico effetto provato riguarda le malattie infettive, soprattutto virali. E' esperienza comune che dopo un forte dispiacere o un qualsiasi forte stress acuto si possa andare incontro a condizioni di malessere (da un disagio transitorio, ad una malattia infettiva comune quale un'influenza, un raffreddore o addirittura un'infezione dentaria). Tali effetti sono da addebitare ad una transitoria riduzione delle naturali difese immunitarie.
Ci sono poi condizioni patologiche frequenti con decorso prolungato per le quali si può annoverare come causa o meglio concausa lo stress, intendendo però lo stress cronico. E per la precisione si tratta quasi sempre di patologie per le quali si riconosce un'origine multifattoriale.

Mal di testa


Non c'è associazione più frequente di quella che si fa quasi automaticamente, tra stress e cefalea. L'incidenza della cefalea, anche in forma di emicrania (quando il dolore viene riferito ad una sola metà del cranio) è, cifre alla mano, molto elevata.. Alla base ci sarebbero le solite amine biogene quelle stesse capaci di condizionare la motilità vascolare e quindi di alterare l'afflusso di sangue a tutto il contenuto della scatola cranica. E' in gioco la pressione vascolare endocranica. Questo tipo di dolore alla testa, quando è collegato allo stress, si potrebbe in molti casi, presentare, paradossalmente, quando ci si abbandona al rilassamento del fine settimana, proprio quando si "stacca la spina" che ci supporta corrente durante i giorni di lavoro.
In queste situazioni spesso viene riportata in causa anche la caffeina, che può mancare quando non si lavora. Si tratta di quei momenti in cui il lato positivo della "tazzina" si manifesta appieno nell'effetto analgesico. In proposito c'è chi sostiene che volendo limitare l'assunzione abituale di caffè si deve fare i conti anche con la sospensione totale e improvvisa che potrebbe scatenare disturbi come appunto la cefalea.

Ulcera peptica


Un'altra delle occasioni patologiche più accreditata in passato allo stress come concausa , almeno prima dell'era dell'Helicobacter pilory (batterio oggi all'avanguardia come causa dell'ulcera peptica gastrica ), è proprio quella del corredo di sintomi che si accompagna all'acidità e al bruciore di stomaco. Qui spesso a sostenere il dolore acuto o silente, si trova la lesione (appunto l'ulcera) della mucosa dello stomaco (la tonaca interna che ricopre lo stomaco e che si affaccia verso la parte cava) dove fisiologicamente si produce anche l'acido cloridrico, indispensabile per la digestione, ma anche tanto irritante quando è in eccesso. Va anche detto che vi sono ulcere con aggravamento emorragico che si verifica quando l'erosione della mucosa arriva fino alla tonaca vascolare. E anche questa volta c'è il concorso di un'amina biologicamente attiva (l'istamina). Tant'è vero che tra i consigli terapeutici più utili per il trattamento efficace, c'è la somministrazione di farmaci anti-acido e di anti-istaminci. Questi ultimi specificamente diretti ai recettori istaminici di tipo H2 di cui la mucosa gastrica è ricca. A peggiorare la questione ci possono essere anche le prostaglandine (sostanze prodotte in regioni differenti dell'organismo che sarebbero alla base di molti processi fisiologici e patologici tra cui anche l'infiammazione) e che pure sono coinvolte nelle ulcere gastriche e nel sanguinamento acuto o cronico che ne può conseguire. Maschi e femmine ne possono essere affetti, e fumatori o grossi consumatori di alcol e caffè sono maggiormente esposti al rischio di un episodio ulceroso con o senza sanguinamento aggiunto. E' utile far presente che sono proprio le persone soggette a stress cronico i più forti consumatori di caffè e tabacco.

La sindrome del colon irritabile

Sempre a carico del tratto gastrointestinale, ma decisamente più in basso, lo stress protratto si può accanire anche sull'intestino. Più precisamente sul grosso intestino nella regione del colon. Questa volta quasi appannaggio esclusivo delle donne, ci riferiamo alla patologia intestinale un tempo nebulosa, ma oggi meglio ridefinita, cioè la cosiddetta sindrome da colon irritabile che porta nel nome la sua ragione di stress. In altri termini, tutti quegli episodi riferiti al medico come dolori addominali di tipo intermittente o a volte disturbi sordi e continui che si accompagnano a malfunzionamento anche della motilità e di altre funzioni intestinali come quella dell'assorbimento. In questi casi anche la deposizione dell'alvo e di tipo alterno cioè la stipsi (stitichezza) si alterna a una frequenza detta anche paradossa (diarrea funzionale). Le fermentazioni prodotte dai microrganismi presenti abitualmente nel microambiente del tratto intestinale (la flora batterica residente che serve anche per un adeguato assorbimento dei principi nutrizionali contenuti negli alimenti) inferiore possono divenire così eccessive (gonfiore addominale da iperproduzione di gas) oppure addirittura possono mancare. E la colpa qui può essere dello stress nel senso di aggravante che si somma a un contesto di abitudini alimentari scorrette (mangiare troppo velocemente, in piedi, consumare pochi ortaggi e frutta o pochi alimenti ricchi in fibre). In queste condizioni ci si può affidare a trattamenti antispastici, modificare le abitudini alimentari, ma anche semplicemente tentare di contenere lo stress quotidiano.

Stress e sovrappeso

Che lo stress possa in qualche misura influire anche sul peso corporeo, potrebbe sembrare troppo facile. Prendere la scusa di mangiare avidamente per tamponare la rabbia o uno stato emotivo stressante è comunque una delle motivazioni piuttosto frequenti nella storia clinica sia di molte persone con qualche chilo di troppo sia negli obesi. E forse una ragione di fatto esiste. Basta rammentare, infatti, che i centri cerebrali che controllano le sensazioni di fame e sazietà e condizionano il nostro comportamento alimentare sono sottoposti all'attività di neuromediatori spesso coinvolti anche nello stress (come per esempio le catecolamine o di nuovo l'istamina e la dopamina o alcuni ormoni steroidei e infine peptidi secreti dallo stomaco o dall'intestino). Vi sono a sostegno di queste ipotesi teoriche sul funzionamento dei centri cerebrali suddetti, molti lavori scientifici anche molto recenti che, se sono sostanzialmente ancora molto aperti a ulteriori chiarimenti, e che oggi danno per scontata l'influenza negativa che ha l'imposizione di un comportamento restrittivo. In altri termini, è provato che si aggiunge stress quando si tenta di mettere a dieta un obeso e si pretendono osservazione rigorosa del regime e risultati immediati. Tutto ciò sbilancia i meccanismi di regolazione cerebrale e comporta in genere un ulteriore peggioramento della situazione generale. Quindi, se non è detto che si debba perseverare negli errori alimentari, certo è sbagliato vietare in assoluto, poichè si innesca un meccanismo quasi perverso che esita nel fallimento del trattamento dietologico. Un sommerso protagonista del bilancio energetico corporeo e della deposizione o meno di tessuto adiposo, è anche il cortisolo (ormone prodotto dal surrene) e che si inserisce nel circolo vizioso.
Insomma, anche se una risposta pronta dell'organismo ci è utile alla sopravvivenza spicciola, uno stress ripetuto può far male. e questo genere di male si vede e si sente.

Patrizia Maria Gatti



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