Bibite cerebrali

08 ottobre 2004
Aggiornamenti e focus

Bibite cerebrali



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Si chiamavano "smart drinks" (bevande intelligenti) e sono un po' un reperto della fine secolo scorso. Originariamente erano concepiti come bevande in grado di aumentare le capacità cognitive, soprattutto in caso di stress mentale, attraverso l'uso di sostanze nutritive che si riteneva, più o meno a ragione, entrassero nel metabolismo cerebrale. E' una vecchia storia: i tentativi di migliorare la memoria, per esempio, con i cibi ricchi di fosforo o con i supplementi, risalgono all'alba della biochimica, quasi. Allo stesso modo, quando imperavano i nutrizionisti di scuola californiana (e le megadosi di vitamine) si pensava che la supplementazione di alcuni aminoacidi precursori dei neutrotrasmettitori, come la colina, potessero svolgere la stessa funzione e, addirittura, arrestare il declino mentale dovuto all'età o alle malattie. Sempre allo scopo di mantenere alto il livello dei neurotrasmettitori sono stati proposte anche altre sostanze: triptofano, la tirosina, la fenilalanina e altre. Tutte entrate nel ricettario delle bibite intelligenti.
Ovviamente non ci fu mai alcuna prova provata che questi smart drinks mantenessero le premesse. C'erano invece state segnalazioni di effetti eccitanti di alcune di queste sostanze, per esempio la tirosina, ma esattamente analoghi a bersi una caffettiera da sei prima di coricarsi.

Intelligenti? Anche energetici


Ci furono anche imprese commerciali che presero al balzo la moda originata nella West Coast per produrre bibite confezionate, nelle quali si faceva largo ricorso anche alla vecchia accoppiata zucchero e caffeina.
Forse andare ad agire sulle funzioni intellettuali era troppo anche per l'underground della nutrizione e, con il tempo, degli smart drinks si sono un po' perse le tracce. Sono stati sostituiti però, quantomeno nell'immaginario, dagli energy drinks. Qui la funzione è meno ambiziosa, visto che si punta al miglioramento della performance fisica, soprattutto. E' il caso del più noto di questi energetici, la famosa bibita coi tori nell'etichetta: elevato contenuto di caffeina, di zucchero e di taurina, aminoacido che interagisce con il metabolismo dei lipidi. Contenuti tanto elevati che in alcuni paesi la vendita non è consentita come bibita da banco del supermercato e, soprattutto, si raccomanda di non farlo consumare ai bambini. Ma a farla da padrone, più che gli aminoacidi, sono soprattutto gli estratti vegetali dalle molte proprietà.

Guaranà, ginseng e...


Molto successo sta ottenendo per esempio il guaranà, che ha proprietà stimolanti analoghe a quelle della caffeina e, come questo, viene tradizionalmente impiegato sia per aumentare la vigilanza sia per la cefalea. Non è però privo di controindicazioni: chi soffre di cardiopatie, di insufficienza renale, di ipertiroidismo non lo deve assumere a cuor leggero. Un altro principio vegetale molto usato è l'estratto di gingko biloba e con questo fitoterapico si torna un po' allo spirito dei vecchi smart-drinks, in quanto viene ritenuto positivo ai fini della concentrazione e della memoria. Peccato che interferisca con la coagulazione, quindi chi assume aspirina o è in trattamento con anticoagulanti è bene se ne guardi. Del ginseng e dell'iperico ormai si sa tutto, sempre in funzione rispettivamente tonica e antidepressiva, così come si sa che possono interagire con alcuni farmaci, creare problemi pressori (il ginseng) e, insomma, proprio perché un'azione ce l'hanno non possono essere esenti da rischi. Senza contare che soprattutto nei prodotti di origine orientale ancora si trova l'efedra o ma huang, pianta da cui si deriva l'efedrina, sostanza con azione anfetaminosimile bandita anche dal CIO che la considera dopante (a ragione).
In particolare, non è proprio il caso di usare gli energy drinks come base per cocktail alcolici.
Il punto è che qualsiasi sbilancio, si tratti di caffeina o di aminoacidi, potrebbe sempre causare qualche reazione a catena.
E allora se cala l'energia che si fa? Mah...Latte e biscotti?

Maurizio Imperiali



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