Colecisti: cause e sintomi

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Colecisti: cause e sintomi



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Della colecisti (o cistifellea più familiarmente) ci si accorge soltanto quando fa male e il più delle volte non è neanche semplicissimo per il paziente capire che proprio della colecisti si tratta. In effetti i calcoli alla colecisti sono un problema piuttosto diffuso: affliggono circa il 15% degli ultraquarantenni e sono 4 volte più frequenti nelle donne.

La colecisti è un <sacchettino> che funge da deposito della bile prodotta dal fegato, inoltre riassorbe una parte di acqua concentrando così la bile stessa, che diventa più densa. Durante i processi digestivi la bile viene riversata nel duodeno, dove facilita la solubilizzazione dei grassi contenuti negli alimenti. Questi, in sintesi, sono i processi fisiologici nella norma, quando e perché si formano i calcoli?
In condizioni normali la bile è composta da acidi biliari e fosfolipidi che mantengono in soluzione il colesterolo, quando questo equilibrio si altera il colesterolo, ma anche i sali biliari o entrambe queste sostanze insieme, precipitano e si aggregano tra loro, originando formazioni cristalline che aumentando gradualmente di dimensioni. Il difetto iniziale è imputabile al fegato, che produce una bile troppo ricca di colesterolo, ma nella colecisti il riassorbimento di acqua e la stasi creano le condizioni favorevoli alla formazione dei calcoli. Molti, tuttavia, sono i fattori concomitanti che predispongono all'insorgenza di questa disfunzione:
  • la gravidanza e il dimagramento troppo rapido rallentano la motilità della colecisti, prolungando la stasi biliare
  • il sesso femminile, l'uso di anticoncezionali orali, le terapie estrogeniche sostitutive per la menopausa, perché gli estrogeni, sia endogeni che sintetici, interferiscono con il metabolismo del colesterolo
  • la familiarità in linea femminile, da madre a figlia si trasmette la predisposizione
  • il diabete
  • elevati livelli di trigliceridi nel sangue
  • obesità
  • la razza, i nativi Americani e gli Scandinavi sono geneticamente più soggetti alla colelitiasi
  • un'età superiore ai 40 anni
  • dieta iper-calorica o troppo ricca di grassi
  • assunzione di farmaci ipolipemizzanti della famiglia dei fibrati
Nella maggior parte dei casi la calcolosi biliare è asintomatica: non provoca disturbi particolari e viene scoperta casualmente nel corso di altre indagini. Più della metà di questi pazienti non svilupperà sintomi o complicazioni nemmeno nel corso degli anni. Non tutti, però, sono così fortunati: alcuni pazienti possono lamentare disturbi digestivi, nausea, vomito e dolore viscerale. Nella peggiore delle ipotesi poi, quando i calcoli si muovono lungo le pareti della cistifellea, si hanno episodi acuti e molto dolorosi, cioè le coliche biliari, caratterizzate da un forte dolore addominale che tende a irradiarsi anche alla schiena. Probabilmente l'unico sintomo inequivocabile è l'ittero, cioè la colorazione giallastra della cute dovuta all'entrata in circolo della bile che non può più compiere il suo percorso fisiologico a causa dell'ostruzione del coledoco, causata da uno o più calcoli. In questo caso la diagnosi diviene facile anche al profano (si fa per dire) ma a quel punto spesso non resta altra soluzione che un intervento chirurgico in tempi rapidi.
E sempre in tema di diagnosi è bene ricordare che i test più indicativi non arrivano dal laboratorio, quanto dal gabinetto radiologico o dallo studio dell'ecografista. Infatti, anche se è possibile dosare nel sangue alcune sostanze che indicano una sofferenza delle vie biliari, per esempio la bilirubina, non si tratta di test particolarmente specifici. Al contrario, una lastra o, meglio ancora, una scintigrafia o un'ecografia addominale possono risolvere rapidamente la questione.

Elisa Lucchesini



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