#coronavirus, intervista al viceministro Sileri

25 marzo 2020
Interviste

#coronavirus, intervista al viceministro Sileri



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"L'Italia vincerà questa guerra grazie alla responsabilità, all'amore, alla solidarietà, verrà fuori tutta la resilienza di questo popolo". Così in un messaggio su Facebook, il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, risultato positivo al test coronavirus, e che dice di "star bene" e di "continuare lavorare a pieno regime, anche da casa". Doctor33 lo ha intervistato per fare con lui il punto sull'emergenza.

Ministro come sta ora? Che si sia preso il Covid19 è cosa nota già da dieci giorni
Direi bene, molto meglio, ma ovviamente sono ancora a casa in attesa di guarire completamente.

Come si è accorto di aver preso il virus?
Il primo sintomo è stato il bruciore agli occhi, così ho detto a mia moglie di dividerci e ho iniziato a vivere in casa, ma isolato sia da lei e da mio figlio piccolo (di otto mesi, ndr). Poi sono arrivati febbre e raffreddore.

Come ha fatto a lavorare, a gestire il ministero da casa? Il tema del politico-smart è ormai di attualità e forse entrerà a far parte della nostra cultura
Ho tutti i miei collaboratori che sono operativi. Alcuni lavorano a distanza, altri dal ministero e altri ancora dalla protezione civile. Diciamo che non è cambiato molto rispetto a prima tranne la mia presenza ad alcuni tavoli.

Quando hanno fatto le varie riunioni e vertici a Palazzo Chigi, lei è andato?
No, non ho partecipato, ma ero costantemente aggiornato da chi era presente.

In un'intervista della scorsa settimana su Fanpage, lei ha sottolineato l'importanza di fare i tamponi
Non vanno assolutamente fatti a tappeto a 60 milioni di italiani. Detto questo, credo vadano fatti a coloro che hanno dei sintomi anche minori, quindi non solo a chi ha febbre o problemi respiratori. Laddove ci sono focolai importanti, andrebbero fatti anche ad alcuni asintomatici come sentinelle per monitorarne la diffusione e attuare misure strategiche di contenimento.

Lei ha detto che è ancora prematuro valutare l'impatto delle misure prese
Sì. Servono 14 giorni pieni per capire quanto le restrizioni imposte hanno limitato il contagio. Dalla prossima settimana (da questa, ndr), dovremmo osservare una diminuzione del numero dei contagi. C'è il problema di chi si è spostato al sud e magari non si è messo in quarantena. Ci sarà quello dei contagi familiari, che non rispondono al distanziamento sociale. Ma il calo dovrà esserci.

Quando si abbasseranno i contagi, a quel punto quanto ci vorrà a uscire dall'emergenza?
Chiunque dovesse fare una previsione del genere, non sa di che parla. Intanto posso dire che le precauzioni di rarefazione sociale dovranno restare ancora a lungo.

Secondo lei è necessaria una stretta maggiore alle regole per la cittadinanza?
È necessaria dove non si seguono le regole. Se tutti lo facessimo, sono certo che non servirebbero misure aggiuntive. I luoghi di lavoro dove non si può o comunque non viene rispettata la distanza di sicurezza vanno chiusi.

Sull'esercito in strada che ne pensa?
Dipende da quanto le persone seguono le regole. Io sono chiuso in casa, ma mi dicono che le città sono vuote. Se non fosse così ben vengano anche i militari, insieme alle forze dell'ordine, come monito e controllo.

Una volta risolto il problema virus, torneremo a una vita normale?
Non è la prima epidemia e non è l'ultima che funesta il continente e il pianeta. Dopo tutte le altre epidemie si è tornati alla normalità, accadrà lo stesso per questa. I tempi però oggi non consentono di essere stabiliti.

Che cosa abbiamo imparato e cosa dovremmo imparare da questa emergenza?
Virus e batteri sono i proprietari del mondo, sono più numerosi di noi, preesistono a noi e rimarranno dopo di noi. Si impara da questa situazione la gestione dell'emergenza sotto due voci. La prima è il contenimento che si fa con delle azioni di politica, visto ciò che è stato fatto in Cina e riprodotto in Italia, poi seguito dagli altri Paesi. E l'altra è di mantenimento di un Servizio sanitario nazionale di altissimo livello, che possa reggere l'impeto di problematiche come quelle che abbiamo osservato.

E per gli operatori sanitari? Lei è medico-chirurgo, avrà una certa sensibilità in materia...
Chi oggi li considera eroi, magari in futuro dovrà evitare sottofinanziamenti.

C'è un messaggio che vuole mandare a medici e infermieri?
Il messaggio è quello che ho già detto: non sono eroi oggi, ma erano eroi ieri e saranno eroi domani. Considerare il Servizio sanitario nazionale un bene prezioso e gli operatori anch'essi da preservare in termini di aiuti, salari, forniture e quant'altro.

Ha retto bene il Sistema sanitario di fronte a questa emergenza?
Per ora credo di sì, ma i conti si faranno alla fine.


Maria Elena Capitanio

Fonte: Doctor33




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