Idrocefalo

07 febbraio 2005

Idrocefalo


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06 dicembre 2004

Idrocefalo

Gentile dottore, sono la figlia di 76enne affetto da idrocefalo. Nel 1996 a mio padre fu inserita una valvola nel midollo spinale. Questo intervento, oggi, ha perso la sua efficacia. Dal momento che mio padre, nel frattempo, ha avuto due infarti, soffre di diabete e di ipertensione abbiamo deciso di non sottoporlo ad un ulteriore intevento. Le cose, però, non vanno bene. Sempre maggiori sono i problemi di deambulazione che mio padre avverte. Lo stiamo curando con il nicetile, ma, non ci sono più miglioramenti. Ho letto di quel nuovo tipo di intervento che fa il Dott. Pieri a Siena. Cosa ne pensa? Visto che si tratta di un intervento poco invasivo, a quanto dicono? La ringrazio del tempo che mi dedica e La saluto scusandomi per i termini non proprio professionali da me usati. Roberta.

Risposta del 07 febbraio 2005

Risposta a cura di:
Dott. CORRADO IACCARINO


Gentile Sig. Ra Roberta,
il trattamento chirurgico, non esistendone alcuno farmacologico, per il trattamento dell'idrocefalo può essere:
1) Terzovenntricolostomia per via endoscopica: attraverso un foro, analogo a quello che si fa per gli altri interventi descritti successivamente, si introduce un endoscopio del diametro variabile da 4 a 6 mm, attraverso il quale si procede a confezionare un varco, diciamo volgarmente un buco, nel sistema dei ventricoli dove c'e' l'accumulo di acqua, per creare così un nuovo scarico
2) Derivazione ventricolo peritoneale o derivazione ventricolo atriale, quest'ultima più in disuso ( ancora meno in uso la derivazione spinale come quella di suo padre) dove si connette il sistema ventricolare, dove c'e' l'accumulo di acqua, o con il peritoneo o con il cuore mediante un tubicino sotto la cute per scaricare l'acqua
3) Sinu-shunt. L'intervento di Siena, cioè un tubicino che connette il sistema ventricolare con una grossa vena di un foglietto che ricopre il cervello che si chiama dura madre, la vena i chiama seno venoso.

Sono tutti metodi validi ognuno ha i pro e i contro:
intervento n. 1: è il più invasivo dei tre, ma rientriamo comunque in un intervento neurochirurgico dalla bassa invasività assoluta, ha il vantaggio di essere il più fisiologico in quanto non costringe il paziente a nessuna protesi, ma vi sono dei criteri di scelta del paziente da sottoporre, suo potrebbe essere uno di questi. Non tutti i centri neurochirurgici sono attrezzati per questo intervento, ma è piuttosto diffuso. Le complicanze postoperatorie immediate sono lievemente maggiori rispetto all'intervento n. 2
intervento n. 2: ormai di consolidata esperienza eseguibile in qualsiasi centro neurochirurgico, ha lo svantaggio di rendere il paziente legato al destino del tubicino che si può occludere o infettarsi, ma di solito a lungo termine. Eseguibile in pazienti come suo padre
intervento n. 3: intervento di recente diffusione, eseguibile in alcuni centri neurochirurgici, ha il vantaggio di essere più fisiologico perhè lo scarico del tubicino avviene in questa vena dove effettivamente deve andare il liquido dei ventricoli, ma vi è pur sempre la presenza del tubicino, che tuttavia per la ridotta lunghezza va incontro a minori fenomeni di occlusione e infezioni. Va eseguito un esame per controllare se i seni venosi, liddove andrà il tubicino, sono operabili o meno.

In definitva, anche se credo che questa consulenza sia troppo tardiva, date le condizioni avanzate di suo padre, qualsiasi intervento va bene, perchè non vi è nessuna assoluta preponderanza dell'uno rispetto agli altri. Nei casi come suo padre a decidere l'intervento migliore rimane l'esperienza del centro al quale lei si rivolgerà e la consulenza anestesiologica che potrebbe porre dei limiti all'intervento

Dott. Corrado Iaccarino
Specialista in Neurochirurgia
Medico Ospedaliero
CASERTA (CE)



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