Taglio cesareo, solo se ci sono le indicazioni

15 febbraio 2012
Interviste

Taglio cesareo, solo se ci sono le indicazioni



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In Italia si fanno troppi parti con il taglio cesareo, il 38% ogni anno, una percentuale considerata troppo alta rispetto al tetto massimo al 15% fissato dall'Organizzazione mondiale della sanità che ha fissato Inoltre si registra un forte divario tra le Regioni, considerato «assolutamente intollerabile» dal ministro della Salute Renato Balduzzi, che per fare chiarezza e accertare un eventuale impiego «non appropriato» ha avviato un'attività di controllo da parte dei carabinieri dei Nas, dei punti nascita in cui si registrano troppi parti chirurgici. Dica33 ha intervistato il presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), Nicola Surico per chiarire che cosa accade in Italia e quali sono le indicazioni contenute nelle nuove Linee guida sul parto cesareo dell'Istituto superiore di sanità.

Professor Surico, quali sono le circostanze in cui è indicato fare un parto con taglio cesareo?
Le linee guida recentemente aggiornate specificano che va eseguito quando il feto è in posizione podalica, quando la placenta copre, parzialmente o completamente, il passaggio del feto nel canale del parto, ma si tratta di una condizione molto rara, e se la madre è diabetica e il feto pesa più di 4,5 kg. Ma anche in questi casi bisogna valutare, perché per esempio la posizione podalica si può modificare con manovre appropriate e nel caso di diabete, se ben controllato non necessita in modo assoluto del cesareo, tranne nel caso in cui il peso del nascituro è alto. Infine, va proposto se la madre è ipertesa e a rischio di preeclampsia. In ogni caso, una donna può richiedere questo tipo di procedura ma la richiesta va motivata e va fatto un counseling con l'ostetrica, il ginecologo e lo psicologo ed eventualmente sentire anche una secondo opinion. Il parto cesareo è rimborsato anche in questi casi perché fatto per motivi psicologici.

Spesso accedono al parto chirurgico le mamme che lo hanno già fatto. È una procedura corretta?
No, poiché un pregresso parto cesareo in teoria non dovrebbe rappresentare un'indicazione a farlo una seconda volta, ma nella realtà accade che questa sia la motivazione più frequente. In molti casi si fa perché la donna non vuole correre i rischi e per un atteggiamento difensivo da parte delle strutture ospedaliere, soprattutto quelle più piccole. Ma non dovrebbe essere riproposto. Anzi, alle donne andrebbe offerto il travaglio di prova, soprattutto se il primo cesareo non era indicato per motivi legati alla salute della madre. Spesso il problema è la paura che durante il parto naturale si possano verificare degli imprevisti e l'incognita del parto gioca un ruolo nella psiche. Proprio per questi motivi è necessario dare un sostegno emotivo alla donna, previsto dalle linee guida, in cui la figura dell'ostetrica assume sempre più importanza perché entra in empatia con la partoriente.

Quali sono in vantaggi offerti dal parto naturale?
Se non vi sono altre controindicazioni, è sempre preferibile il parto naturale anche perché non va dimenticato che il cesareo è pur sempre un intervento chirurgico, che prevede un'incisione dell'utero, con rischi legati alle complicanze e all'anestesia. Nel parto naturale c'è un rispetto della fisiologia, ci sono meno rischi e appena nato il bambino viene messo immediatamente sulla pancia della mamma per attaccarlo subito al seno, mentre con il cesareo non è possibile farlo subito.

E quindi perché in Italia si fanno così tanti cesarei?
I motivi sono diversi. Oltre a un approccio difensivo da parte dei medici, va detto che il profilo delle donne che diventano madri è cambiato, ci sono esigenze diverse. La maggior parte delle donne ormai lavora e decide di fare figli a un età più avanzata, quando patologie associate come diabete e ipertensione sono più probabili. Inoltre, sempre per questioni di età, si fa più ricorso alle tecniche di procreazione assistita, che aumentano le probabilità di gravidanze gemellari, una condizione per la quale va valutato se programmare un parto cesareo, ma in realtà è necessario solo per alcuni tipi che danno problemi ai nascituri. Il dato italiano va sicuramente modificato, ma il dato di riferimento va corretto sulla base dei cambiamenti sociali.

Secondo lei serve una politica sanitaria diversa per modificare questa tendenza?
Intanto, ben vengano i carabinieri dei Nas nei reparti, ma non saranno sufficienti a risolvere l'abuso di ricorso al taglio cesareo. La soluzione è già stata definita e si trova nel piano di riordino dei punti nascita varato nel dicembre 2010. Il problema è farlo applicare. Analizzando i dati si scopre che le percentuali più elevate si registrano nelle strutture con meno di 500 parti l'anno e nel privato accreditato. Le prime vanno chiuse, come già da tempo stabilito. Le seconde ricevono troppe risorse a fronte dell'attuale sofferenza del pubblico e non si può non considerare l'aspetto economico in questa anomalia italiana.

Simona Zazzetta



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