Cardiopatie congenite, come e quando si interviene

24 febbraio 2012
Interviste

Cardiopatie congenite, come e quando si interviene



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Ci sono delle malattie del cuore che sono presenti già alla nascita, e per questo si definiscono congenite, e richiedono talvolta interventi immediati. Per capire come e quando si interviene ci siamo rivolti a Stefano Marianeschi, responsabile della Cardiochirurgia pediatrica presso il Centro A. De Gasperis dell'ospedale Niguarda di Milano.

Le cardiopatie congenite riguardano solo i bambini?
Sono malattie che si sviluppano durante la crescita fetale e, di conseguenza, sono già presenti alla nascita; riguardano circa il 5-8 per mille dei neonati, in tutto il mondo, ma solo la metà di questi casi necessita di un intervento chirurgico. Quando non è possibile o necessario correggere chirurgicamente il difetto cardiaco, il paziente diventerà un adulto con cardiopatia congenita in storia naturale.


Di quali malattie si tratta?
La casistica è davvero molto varia così come l'evoluzione nel corso della vita. I difetti più frequenti che richiedono l'intervento del cardiochirurgo pediatra sono la tetralogia di Fallot, o morbo blu, che provoca una non adeguata ossigenazione del sangue arterioso, da cui l'aspetto bluastro delle mucose, oppure quelle che riguardano i setti che separano le camere interne del cuore: difetto interatriale o interventricolare quando c'è un foro che mette in comunicazione tra loro rispettivamente gli atri o i ventricoli.


Quando e come avviene la diagnosi?
Oggi nella maggioranza dei paesi occidentali, inclusa l'Italia, la diagnosi si fa già durante la gravidanza, sul feto, o alla nascita grazie all'impiego dell'ecografia che, in mani esperte, è l'esame d'elezione per evidenziare le anomalie cardiache. Una volta individuata una cardiopatia congenita fetale, per maggior sicurezza, si indirizza la donna a partorire in un centro attrezzato per gestire anche le necessità cardiologiche del neonato.


L'intervento cardiochirurgico, quando necessario, a che età si esegue?
Dipende moltissimo dal tipo di patologia. In generale, sono davvero rari i casi in cui si debba intervenire nei primi giorni di vita, e mi riferisco alla trasposizione delle grandi arterie o alla presenza di cuore sinistro ipoplastico o in alcuni casi di connessione venosa polmonare anomala. In questi casi si preferisce anche ricorrere al parto cesareo per minimizzare i rischi per madre e bambino.


Negli altri casi invece il parto può essere naturale e l'intervento cardiochirurgico programmato dopo?
Sì spesso si interviene nei primi mesi dopo la nascita, oppure se possibile si rimanda alla prima infanzia o all'età adulta. Alcune patologie si possono approcciare con interventi cosiddetti palliativi, nel neonato, per poi effettuare quello correttivo definitivo in età più avanzata. Infine ci sono anche situazioni che richiedono, purtroppo, più interventi successivi, nel corso della vita del bambino.


Attraverso la fondazione "Aiutare i bambini" lei opera anche nei paesi in via di sviluppo. Ci sono delle aree nelle quali è maggiore l'incidenza delle cardiopatie congenite?
No, l'incidenza come dicevo all'inizio è più o meno la stessa in tutto il mondo. Piuttosto, nei paesi in via di sviluppo si osserva ancora una massiccia presenza di cardiopatie causate dalle febbri reumatiche: un problema che da noi nei bambini non esiste più da decenni, permane solo negli anziani e comunque i casi sono limitati.


Di che cosa si tratta?
Si tratta di banali, per noi, infezioni da streptococco, spesso endemiche, che quando colpiscono i bambini, se non vengono curate, si aggravano sino a raggiungere e danneggiare le valvole cardiache. Un problema che si potrebbe facilmente eliminare con un'adeguata profilassi antibiotica e che invece finisce per diventare di competenza del cardiochirurgo, con tutte le conseguenze che si possono immaginare.


Anche per questo c'è bisogno di cardiochirurghi in questi paesi?
Non esistono o sono pochissime le strutture specializzate in cardiochirurgia pediatrica, ecco perché noi effettuiamo missioni all'estero: per formare il personale e operare i piccoli pazienti. Mentre in molti altri casi organizziamo il trasferimento dei bambini in Italia così da eseguire gli interventi in strutture più attrezzate e idonee.


Ci sono ritardi nelle diagnosi?
Tutte le cardiopatie complesse neonatali purtroppo spesso non giungono alla nostra attenzione per una selezione naturale. Per le altre cardiopatie la diagnosi in genere viene effettuata perché, da un lato, l'ecografia durante la gravidanza qualche volta è effettuata, certo con ampie differenze tra le città e i centri meno popolati. Inoltre, per quanto riguarda le cardiopatie, la diagnosi è fattibile anche dopo la nascita, da qualsiasi medico, perché segni clinici quali mucose cianotiche e capacità funzionale ridotta nel bambino fanno intuire il problema cardiaco. Quello che è in ritardo, semmai per quelle popolazioni è l'accesso alle cure.

Elisabetta Lucchesini




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