Sindrome premestruale, i sintomi per riconoscerla

30 novembre 2019
Interviste

Sindrome premestruale, i sintomi per riconoscerla



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Una donna su quattro, superati i primi venti giorni del ciclo mensile, inizia ad avvertire cambiamenti fisici e del comportamento, gonfiore, dolore al seno, aumento di peso, irritabilità, pesantezza, malumore. È il momento del mese in cui molte donne vivono la sindrome premestruale. Alessandra Graziottin, direttore del Centro di ginecologia e sessuologia medica del San Raffaele Resnati, di Milano, spiega di che cosa si tratta e come si può affrontare.

Dottoressa Graziottin, che cosa si intende quando si parla di sindrome premestruale?
È l'insieme di sintomi fisici e comportamentali che colpiscono la donna immediatamente prima della mestruazione, circa una settimana 10 giorni prima. Ne avverte i sintomi il 75% delle donne, in modo più o meno intenso, dalle forme più lievi fino a diventare una vera e propria malattia. Solo un 25% non si accorge di nulla.

In che modo varia l'intensità?
Da lieve a moderata fino a diventare grave e severa. Nelle forme più lievi, si può accusare una modesta ritenzione idrica, una certa propensione all'irritabilità, un maggior bisogno di cibi dolci o salati, gonfiore addominale e un aumento di peso anche consistente, fino a 3 chili. Nelle forme medie, che sono il 30% dei casi, si vivono sensazioni di grande pesantezza, si inizia già ad avvertire una notevole fatica di vivere. La forma più severa, che si riscontra nel 4-7% delle donne, è una vera e propria malattia nota come sindrome disforica della fase luteale tardiva. I sintomi dell'umore molto marcati e rendono la donna depressa, aggressiva e irritabile e sono tali da diventare invalidanti poiché possono interferire pesantemente nella vita di relazione, con i figli, con il marito e nel lavoro. La donna sente di non riconoscersi più e si percepisce insopportabile e avverte un calo molto forte del desiderio sessuale, soprattutto se vive una vita stressante.

Come riconoscere che si tratta di sindrome premestruale e non di una depressione o di altri disturbi psichici?
Per diagnosticarla devono sussistere tre caratteristiche principali. L'associazione dei sintomi specificamente con la fase mestruale; la ciclicità e la limitata durata temporale; il fatto che i sintomi causino alterazioni invalidanti nella vita personale e professionale, al punto da essere causa di stress alla donna stessa. In altre parole i sintomi compaiono circa una settimana-dieci giorni prima del flusso e si risolvono completamente con le mestruazioni. È questa specifica periodicità temporale, che si alterna con periodi di perfetto benessere, a differenziare la sindrome da una depressione, che ha andamento costante nel tempo, al massimo con un po' di peggioramento premestruale.

Quali sono le cause?
Vanno cercate in uno squilibrio dato dalla fluttuazione degli ormoni femminili, estrogeni e progesterone, che a loro volta interagiscono con la produzione del neurotrasmettitore che regola l'umore, chiamato serotonina. Quando i livelli di serotonina iniziano a fluttuare determinano uno stato di malessere emotivo.

Inoltre, poiché l'intestino è ricchissimo di recettori della serotonina, la sregolatezza del neurotrasmettitore altera non solo le funzioni cerebrali ma anche quelle intestinali, alterando l'assorbimento di liquidi e i processi di fermentazione. Ecco spiegato il motivo del gonfiore della pancia, e il coinvolgimento di tutto il corpo allo squilibrio neurormonale.


Ci sono fattori che possono peggiorare i sintomi?
La vita delle donne è diventata molto intensa e impegnata tra famiglia, lavoro e vita sociale, con conseguente aumento dello stress e spesso riduzione delle ore di sonno. Non è un caso che la sindrome peggiori tra i 30 e i 45 anni, in cui viene richiesto il massimo sforzo su tutti i fronti, e quando si dormono in media meno di sette ore per notte. Le donne che soffrono di questo disturbo dovrebbero innanzitutto proteggere il sonno, poiché di notte si produce l'ormone melatonina da cui dipende la regolazione del ciclo mensile. Vanno inoltre esclusi dalla dieta i cibi confezionati che contengono glutammato. Un aminoacido che aumenta gli stimoli eccitatori a livello cerebrale e che in chi è già particolarmente irritabile rischia di peggiorare il sintomo rendendo biologicamente più aggressivi.


Si può fare qualcosa per migliorarli?
Si può intervenire sullo stile di vita, oltre all'alimentazione, è importante cercare di fare una vita meno stressata dormendo di più di notte, poiché il sonno recuperato durante il giorno non ha lo stesso effetto riequilibrante. Inoltre, bisogna fare attività fisica regolarmente, anche camminare ogni giorno ha effetti positivi poiché permette di scaricare tensioni emotive e rabbia che fanno aumentare adrenalina e cortisolo, e tensione muscolare. Queste emozioni tendono ad accumularsi ma si possono esprimere attraverso il movimento che permette al corpo di ritornare in armonia. Un contributo positivo possono darlo anche il magnesio e l'agnocasto, derivato dalla Vitex agnus castus, un fitoterapico noto sin dal Medioevo e la cui efficacia è stata testata e ribadita da recenti studi scientifici. È stato dimostrato che riduce del 90% i sintomi delle forme lievi e moderate e del 57% in quelle gravi.

Nelle forme più gravi della sindrome è consigliabile parlarne con un ginecologo che abbia competenze in materia o con uno psichiatra. In questi casi, infatti, posso venire prescritti degli antidepressivi di ultima generazione, che sono modulatori della serotonina, che vanno assunti a dosaggi più bassi, indicati dal medico.


Il marito o i familiari possono, in qualche modo,essere di aiuto?
Nei giorni in cui compaiono i sintomi non bisogna banalizzarli, ed evitare, anche se non è semplice, di contro-aggredire, e far sì che la donna si senta compresa. Inoltre, è utile dare un aiuto in più in casa. È importante comprendere che questi sintomi sono anche una richiesta di attenzione e di aiuto da parte della famiglia a cui rispondere in modo affettuoso. Nelle forme medio-lievi si può suggerire di chiedere un consiglio al proprio medico o al ginecologo di fiducia, mentre nelle forme gravi meglio rivolgersi a un centro universitario qualificato, o a uno specialista esperto.

Simona Zazzetta



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