Ma che freddo fa

15 gennaio 2010
Aggiornamenti e focus

Ma che freddo fa



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di Marco Malagutti

L'intenso freddo invernale non rappresenta una grande novità, ma potrebbe rappresentare una minaccia per la salute. A correre qualche rischio innanzitutto i soggetti più fragili, come anziani, bambini molto piccoli e soggetti affetti da malattie croniche, ma anche le persone in apparente benessere, possono subire conseguenze sulla salute, a volte gravi, se esposte a valori di temperatura eccessivamente bassi. Per cercare di ovviare ai rischi da freddo il ministero della Salute ha predisposto un vademecum on line, nel quale illustra i rischi e come evitarli. Eccone gli aspetti più significativi.


Quando fuori fa freddoil corpo reagisce agli abbassamenti della sua temperatura attraverso sostanzialmente due tipi di meccanismi: fisici e chimici. Tra i primi rientra la vasocostrizione periferica, cioè la riduzione dell'afflusso del sangue alla periferia del corpo, così da aumentare quello di sangue caldo ai visceri per cercare di mantenere stabile la temperatura. Sempre allo scopo di richiamare sangue "al centro", si produce anche una vasodilatazione delle masse muscolari profonde. Se questo non basta a ristabilire le condizioni fisiologiche scattano i meccanismi endocrini, e quindi chimici, mediati soprattutto da una zona del cervello chiamata ipotalamo. La prima fase è la stimolazione del sistema simpatico, che provvede ad aumentare la frequenza cardiaca, così da aumentare la circolazione sanguigna. Sempre dall'ipotalamo, viene avviata una serie di contrazioni muscolari periodiche, i brividi, che hanno lo scopo di generare calore attraverso il lavoro. In effetti il sistema è efficiente, visto che la produzione muscolare di calore aumenta da 10 a 20 volte, ma sfortunatamente è una misura a breve termine, perché il calore sviluppato si disperde piuttosto rapidamente nell'ambiente. Infine, l'ipotalamo passa a stimolare le ghiandole surrenali e la tiroide allo scopo di aumentare il metabolismo. In questo modo aumenta la quantità di zuccheri "bruciata" per produrre energia e quindi calore.

Le temperature rigide, soprattutto se accompagnate da venti gelidi, possono causare geloni, forme lievi o raramente gravi di congelamento e ipotermia o assideramento.

Geloni
Sono lesioni della cute reversibili, compaiono se la parte esposta è umida o bagnata o c'è vento forte. È colpita soprattutto la cute delle dita, che si presenta bianca o giallo-grigia e può essere presente una sensazione di intorpidimento e prurito delle zone interessate, spesso non si avverte dolore, ma nei casi più gravi, le zone colpite possono gonfiarsi, arrossarsi e coprirsi di vescicole. È opportuno consultare il proprio medico curante.

Congelamento
Nelle forme lievila parte colpita non duole e presenta una colorazione bianco-grigiastra. In questo caso, basta riscaldare la parte colpita anche soltanto massaggiandola e alitandovi sopra. Nelle forme più gravi invece, sono colpite le cellule dei tessuti che possono andare in contro a necrosi. Le zone più colpite sono quelle meno irrorate e più esposte come: mani, piedi, talloni, lobi auricolari, naso, guance, mento. Sono condizioni rare, si possono verificare nei soggetti che trascorrono la notte all'aperto o in alta montagna. La persona va soccorsa prontamente per evitare conseguenze più gravi dell'assideramento.

Ipotermia o assideramento
Se la temperatura corporea scende al di sotto di 35°C le funzioni vitali non possono più considerarsi efficienti. L'ipotermia è una situazione pericolosa perché i sintomi compaiono progressivamente. È opportuno riconoscere tempestivamente i primi segnali di ipotermia: parlare a scatti, difficoltà di deambulazione, tendenza a inciampare, confusione mentale, perdita di coordinamento degli arti, sensazione di affaticamento e di freddo, tensione muscolare e nei casi più gravi: perdita dei sensi e infine coma. Se si è in alta montagna, in attesa dell'arrivo dei soccorsi possono essere molto utili massaggi leggeri sulla superficie corporea e se è possibile mettere la persona a riparo dal freddo e dal vento e coprirla con indumenti caldi e coperte, somministrare abbondanti liquidi caldi, come tè e caffé allungato, brodo vegetale. Evitare la somministrazione di bevande alcoliche. A parziale sdrammatizzazione va detto che se l'ipotermia ha effetti devastanti, il recupero del paziente è possibile anche in condizioni apparentemente disperate. Basti pensare che in letteratura sono descritti casi in cui il paziente si è ripreso completamente dopo aver raggiunto una temperatura interna di 16° con presenza di fibrillazione atriale.


Ministero della Salute



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