Cardio con il fiato corto

09 maggio 2003
Aggiornamenti e focus

Cardio con il fiato corto



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Il cuore è un muscolo e come tale necessita di energia e ossigeno per potersi contrarre e svolgere la sua specifica attività di pompa nel sistema cardiocircolatorio. Il rifornimento è normalmente assicurato dalle arterie coronarie, vasi sanguigni che circondano il miocardio e lo irrorano di sangue. Più precisamente si riconosce un'arteria coronaria sinistra che, nasce dall'aorta, si divide, poi, in due rami noti come coronaria circonflessa e coronaria discendente anteriore e fornisce il sangue alla parte anteriore e laterale del muscolo e a gran parte del setto. L'arteria coronaria destra, a sua volta raggiunge la parte destra e posteriore inclusa la parte posteriore del setto. Dai vasi più grandi si dipartono quelli più piccoli fino a coprire tutto il muscolo. Tale ramificazione garantisce l'apporto di nutrimento e, soprattutto, di ossigeno in tutti i distretti del miocardio. Nel momento in cui tale contributo viene meno si instaurano condizioni pericolose per la funzionalità dell'organo e per la vita del paziente.

Flussi interrotti


L'afflusso coronarico diventa inadeguato quando i vasi sanguigni sono danneggiati dall'aterosclerosi. I fattori di rischio, in questo caso, diventano importanti e favoriscono la formazione di placche aterosclerotiche; la parete del vaso si deteriora, il sangue non scorre più agevolmente e si possono verificare interruzioni del flusso o correnti particolari che ostacolano ulteriormente il passaggio. Nel complesso, questa condizione facilita l'aggregazione piastrinica che contribuisce alla formazione di trombi che possono eventualmente occludere il vaso, in questo caso la coronaria, impedendo al sangue di arrivare al cuore. Non è detto, comunque che l'occlusione sia definitiva, una lisi spontanea del trombo potrebbe ricanalizzare la coronaria e ripristinare l'afflusso di sangue.
Un infarto può insorgere perché c'è una maggior richiesta di ossigeno da parte delle fibre muscolari dell'organo, indotta, per esempio, da un maggior sforzo eseguito dal cuore. Ma può, comunque, avvenire in un momento qualsiasi, spesso anche a riposo o durante il sonno, in seguito a attività fisica, anche leggera, a un forte stress emotivo oppure dopo un pasto particolarmente sostanzioso.
Quando si verificano queste circostanze, la parte di tessuto cardiaco insufficientemente irrorata non riceve l'apporto di ossigeno necessario e muore. Un esame macroscopico del cuore di un paziente infartuato è in grado di evidenziare una zona più pallida corrispondente all'area cardiaca infartuata.

Segnali indiscutibili


Riconoscere i segnali di allarme che preannunciano un infarto può essere essenziale per richiedere l'aiuto necessario e fare la differenza tra la vita e la morte di un paziente. Uno studio del 1996, il GISSI Ritardo Evitabile, promosso dall'ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri) e dall'Istituto Mario Negri, evidenziò proprio quanto fosse lungo il tempo decisionale, cioè l'intervallo di tempo che intercorre tra l'esordio dei sintomi e la chiamata dell'ambulanza. Indicò un ulteriore ritardo causato anche nel tempo organizzativo, cioè quello necessario per l'arrivo dei soccorsi e il trasporto in ospedale.
La comparsa di un dolore molto intenso al petto, l'angina pectoris, appunto, è un segnale inequivocabile; compare al centro del petto all'altezza dello sterno si irradia verso la schiena, il collo, la mascella o il braccio sinistro. E' importante non confonderlo con brevi fitte, localizzate in un punto, di origine muscolare o intercostale. Oppure con dolori prolungati per diverse ore scatenati o aggravati dalla respirazione o da movimenti del torace. Nel caso di infarto, il dolore dura almeno 15 minuti ed è accompagnato da nausea, vertigini, senso di debolezza, accessi di sudorazione, difficoltà di respirazione, polso irregolare, stato d'angoscia, pallore del viso.
Imparare a riconoscere i segnali si è dimostrata un'importante ed efficace strategia per limitare il numero di decessi, lo testimonia una campagna educativa svedese che ha permesso di ridurre il tempo intercorrente dall'insorgenza dei sintomi al ricovero da tre a due ore con un sensibile aumento delle vite salvate.

Simona Zazzetta



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