Cure per bypassare i rischi

09 maggio 2003
Aggiornamenti e focus

Cure per bypassare i rischi



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Quale che ne sia la causa, il ricorso all'innesto di un bypass coronarico indica una disfunzione nel distretto circolatorio che alimenta il cuore. Disfunzione che l'intervento non è in grado di correggere e che, perciò, continua a minacciare la funzione cardiaca.
Recuperare una buona qualità di vita è comunque possibile con una serie di interventi riabilitativi e preventivi. Di questi ultimi fanno parte anche certi farmaci e non è detto che si debbano assumere per tutta la vita.
Sicuramente ci sono farmaci necessari sia prima sia subito dopo il bypass, per limitare le complicanze dell'intervento. Più difficile, invece, stabilire i benefici delle terapie a lungo termine, sulle quali ha fatto il punto un recente articolo, che non manca di sottolineare i lati oscuri delle ricerche.
Classe per classe ecco i farmaci più gettonati. Necessari? Non sempre

Antiaggreganti


Sono farmaci che impediscono l'aggregazione piastrinica, evitando il pericolo che si formino dei trombi. Primo fra tutti l'aspirina a basse dosi, che viene somministrata entro le prime 24 ore dall'intervento per circa un anno. Da uno a tre anni dopo l'operazione, infatti, non ci sono ancora studi che dimostrino con certezza una protezione aggiuntiva contro la trombosi con l'utilizzo di antiaggregante. Tuttavia circa la metà dei pazienti che si sottopongono a un bypass è reduce da un precedente infarto del miocardio: in questi casi la terapia con aspirina viene prolungata, poiché sono accertati i benefici nel prevenire un successivo evento cardiovascolare.
Il clopidogrel è un altro farmaco antiaggregante: agisce con un meccanismo differente da quello dell'aspirina e potrebbe perciò risultare utile in quei pazienti che sono allergici a quest'ultima. Sull'intercambiabilità di questi due farmaci, però, non ci sono ancora dati conclusivi, mentre è riconosciuto che il clopidogrel è più indicato in particolari categorie di pazienti. Nei soggetti con ateroma aortico di V grado, per esempio, il rischio di un successivo infarto è maggiore: in questi casi, dopo l'intervento di bypass si preferisce somministrare clopidogrel o warfarin (un anticoagulante).

Beta-bloccanti


I beta-bloccanti (metoprololo, atenololo) sono farmaci antagonisti dei recettori adrenergici, con azione selettiva sui recettori beta 1 del cuore. Si sono dimostrati efficaci nel dopo infarto e per questo motivo possono essere somministrati dopo un bypass, in quei soggetti che non hanno ancora avuto un infarto del miocardio. Riducono la forza di contrazione del cuore e, di conseguenza, anche la sua richiesta di ossigeno, favorendo la fase di recupero post-operatorio. Non sono però indicati sempre, dopo un bypass, perché gli studi su queste categorie di pazienti hanno fornito esiti contrastanti.

ACE-inibitori

Gli ACE-inibitori, (inibitori dell'enzima convertente l'angiotensina) sono diuretici normalmente utilizzati per il controllo dell'ipertensione. Diversi studi dimostrano che il trattamento con questi farmaci riduce l'incidenza di infarto, ischemia e morte nei pazienti con patologie coronariche, mentre i dati sull'utilizzo nei soggetti sottoposti a bypass sono ancora limitati. Nello studio HOPE, l'uso di ramipril ha diminuito il numero di infarti del miocardio, ischemie e decessi nei pazienti diabetici, o con patologie vascolari, ma senza disfunzioni al ventricolo sinistro; un quarto dei partecipanti aveva un bypass. In un altro studio più piccolo, su pazienti reduci da interventi di bypass, il trattamento con quinapril per un anno ha ridotto dal 15 al 4% l'incidenza complessiva di: morte, infarto miocardico, angina ricorrente, ischemia, attacco ischemico transitorio, necessità di ri-operare. Nessuno dei partecipanti, però, presentava insufficienza cardiaca, valvulopatie o fibrillazione atriale.

Ipolipemizzanti

Sui farmaci che riducono livelli di colesterolo LDL non vi sono dubbi: sono utilissimi nella prevenzione dell'aterosclerosi (e degli eventi cardiovascolari che ne conseguono) e sono anche efficaci nel prevenire la necessità di ri-trattamento dei soggetti che hanno subito un intervento di bypass. Uno studio su questa popolazione specifica, che ha coinvolto 1.351 soggetti, ha dimostrato che un approccio più aggressivo, mirato cioè ad ottenere una riduzione maggiore del colesterolo (utilizzando lovastatina), risulta anche più efficace nel rallentare la ricomparsa di placche aterosclerotiche.

Elisa Lucchesini



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